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Lez. 91 - Domande e risposte

Lezione della Guida del Sentiero - Pathwork Guide Lecture
27 ottobre 1961

Traduzione in italiano di Daniele Buratti
Revisione non ancora effettuata
Edizione Dicembre 2022

  1. Saluti, miei carissimi amici. Dio benedica ognuno di voi. Benedetta è quest’ora.

  2. Al momento, se avete domande da pormi, sarebbe opportuno sospendere la serie delle lezioni. Finora avete ricevuto molto materiale che di certo non avrete ancora avuto modo di assorbire a livello intellettuale - e tanto meno a livello emotivo, e neanche in piccola parte. Infatti l’assorbimento emotivo spesso arriva molto più in là, dunque per il momento non aspettatevi nulla. Per adesso è sconsigliabile che vi intasiate con un rapido accavallarsi di materiale di natura alquanto complessa. E ora spazio alle domande, se ne avete; farò del mio meglio per rispondervi.

  3. DOMANDA: Sono confuso perché mi faccio la morale da solo per certe mie superstizioni. Da un lato so che quelle superstizioni mi possono nuocere, dall’altro ora so che neanche il moralismo è cosa buona.

  4. RISPOSTA: Nel tuo lavoro hai scoperto il motivo per cui desideri mantenere quelle superstizioni. Non vado nei dettagli. Il fatto che ti ponga la domanda è interessante dalla prospettiva di quanto hai scoperto al riguardo. Vuoi sentirmi dire che usi moralizzare per seguitare ad aggrapparti a un meccanismo di difesa molto nocivo e inutile.

  5. INTERVISTATORE: Mi conosci molto bene.

  6. DOMANDA: In una precedente lezione sulla crescita emotiva e la sua funzione ti è stato chiesto come gestire le emozioni molto forti in assenza di aiuto. Ma che si fa se le emozioni sono talmente radicate, sepolte e represse da così tanto tempo che proprio non ce la fanno a emergere nella misura che si vorrebbe?

  7. RISPOSTA: È davvero molto importante poter riconoscere tale fatto: è indice di un notevole progresso. Di per sé il riconoscerlo denota intuizione. Spesso una persona non sa di ospitare delle emozioni sepolte che chiedono di emergere nonostante la resistenza. La tua consapevolezza di ciò è certamente indice di intuizione e progresso. Quando c’è intuizione si apre la strada, anche se al momento non sei ancora in grado di fare nulla al riguardo. In primo luogo dovresti rallegrarti di questa consapevolezza di te stesso, anziché sentirti in colpa per non riuscire a realizzare subito quel che desideri. Invece di stressarti in uno stato di coscienza pesante, rilassati nella consapevolezza dicendo a te stesso: "So dove mi trovo, so che c’è qualcosa che fa ancora resistenza in me", e poi va’ a scoprire perché resisti.

  8. Perché hai paura di far uscire le emozioni in tutta la loro portata? Scoprirai che un motivo è la paura di non riuscire a controllarti, di non saper gestire quelle emozioni e che sarai costretto a cedere ad esse. Un altro motivo di resistenza è che l’ondata delle emozioni represse è devastante, poiché va contro il sé idealizzato. Nel momento in cui riuscirai a percepire e riconoscere questi fattori potrai gestire la situazione, dato che ora sai che si tratta di motivi infondati. Hai appreso, ad esempio, che puoi essere consapevole delle emozioni senza dover agire in base ad esse. Sai anche che, parlando di controllo, ne hai di meno se le reprimi essendo ignaro della loro presenza, rispetto a quando ne possiedi una chiara consapevolezza e comprensione. Con la tua conoscenza e il tuo intento non avrai nulla da temere in proposito. Per quel che riguarda la paura di scoprire di non essere la tua autoimmagine idealizzata, saprai come affrontarla. Devi imparare ad accettarti sulla base dei tuoi veri valori che troverai solo facendo il passo coraggioso di rinunciare ai falsi valori del sé idealizzato.

  9. DOMANDA: Io avverto le mie emozioni, sono come un macigno sullo stomaco. Non riesco proprio a farle uscire. So che ci sono, ma è come se fossero intasate.

  10. RISPOSTA: Ritengo meravigliosa questa tua consapevolezza, il fatto che non reprimi la tua intuizione. Questo ha un grande valore ed è assai costruttivo. Non importa se serve altro tempo e lavoro. Non hai nulla da temere. Ti dovresti preoccupare se non conoscessi quei fatti.

  11. DOMANDA: Se la coscienza è la voce del sé superiore che ci parla, come si distingue tra quella coscienza e, ad esempio, il senso di colpa?

  12. RISPOSTA: In una lezione ho parlato di due tipi di coscienza, ma sarò lieta di risponderti di nuovo perché è passato molto tempo. Nel mentre avete acquisito nuova comprensione e conoscenza e ora, grazie ad alcuni dei nuovi approcci, è possibile giungere a una comprensione più profonda.

  13. Come vi spiegavo allora, vi sono due tipi di coscienza: la coscienza del sé superiore e una coscienza sovrapposta costruita in modo artificiale che proviene dal sé idealizzato. Il moralismo di cui vi parlavo fa parte di questa seconda coscienza, che potreste scambiare per la voce della coscienza ogni volta che non rispettate gli iper parametri che vi siete autoimposti.

  14. L’unico modo per distinguere tra le due è come vi sentite al riguardo. C’è una differenza netta su come si sperimenta l’una o l’altra. Qualunque frase o regola io vi possa dare, sarebbe molto fuorviante. Ma vi posso descrivere l’esperienza emotiva di ognuna.

  15. Se è la voce del sé superiore, della coscienza vera e propria, allora non si sprofonda in una disperazione distruttiva o nello sconforto, né si diventa impazienti o ci si arrabbia con sé stessi. Non si avranno sentimenti negativi, bensì una visione della propria tendenza all’egoismo puerile e all’avidità - o ad altro - ma senza per quello sentirsi depressi. Al contempo si proverà il desiderio di agire a un livello di maggiore maturità, non perché si debba essere perfetti - né per paura di non esserlo - ma solo perché lo si vuole. Non c’è ansia compulsiva rispetto al problema. È una decisione chiara e senza pressioni che vi fa star bene, anche se vuol dire rinunciare a un ben poco lungimirante vantaggio infantile, o riconoscere che nel proprio carattere convivono tendenze poco piacevoli.

  16. Quando, invece, è la voce dell’immagine del sé idealizzato a parlare, sono presenti molti di quei sentimenti negativi. Vi sentirete in colpa per le tendenze negative, pur seguitando a voler fare a modo vostro. Sentirete paura e ansia al pensiero di agire dando retta al bambino che è in voi. Questo conflitto creerà ancora più ansia, tensione e impazienza in voi e negli altri. Se poi deciderete di fare la cosa giusta proverete del risentimento e non vi sentirete in pace con voi stessi. Allo stesso tempo il mero fatto che abbiate delle colpe, che siate confusi su quale sia la strada da seguire, che potreste prendere la decisione sbagliata e quindi incappare in critiche o frustrazioni, vi getterà nello sconforto. Tutto questo è la prova che avete udito la voce dell’autoimmagine idealizzata. Avrete la risposta su quale delle due coscienze stiate percependo solo se prenderete atto delle vostre reazioni emotive.

  17. Certo, le due voci potrebbero coesistere. In quel caso non si dovrebbe bloccare l’azione corretta solo perché nella vostra disamina avete scoperto che motivazioni negative, moralizzazioni e sé idealizzato sembrano volere la stessa cosa del sé superiore. Dovreste continuare a fare quel che è giusto mentre lavorate sull’aspetto negativo e finché non riuscirete a liberarvene attraverso la comprensione di voi stessi. Non astenetevi automaticamente da un’azione costruttiva solo perché avete scoperto una motivazione negativa o un impulso distruttivo invertiti in un forzato iper parametro compulsivo.

  18. DOMANDA: Perché mi sento sempre così esausto? Nessun medico ha ancora scoperto una ragione fisiologica.

  19. RISPOSTA: In effetti è una condizione che è comune a tanti. Uno dei motivi generali - e certamente è il tuo caso - è che si reprime una gran quantità di emozioni, schiacciando non solo le emozioni distruttive che non osate affrontare e che riconoscete in voi per venire in qualche modo a patti con esse, ma anche finalità e desideri validi e costruttivi. Non ci badate per un generico timore di essere disapprovati e perché non avete fiducia nella validità dei vostri obiettivi. Sentite che il solo fatto di desiderarli li vanifica. Reprimere i due tipi di emozioni consuma una gran quantità di energia. L’energia così perduta genera una negazione della vita. C’è un senso di futilità della vita, di sconforto, una paura di far fronte alle difficoltà della vita. Si potrebbe pensare che sia tutto questo a procurare stanchezza, ma sarebbe troppo semplicistico. L’effetto domino è partito prima, nel senso che proprio perché si erano represse le emozioni negative - nonché gli obiettivi positivi - ci si ritrova con un senso di futilità, di sfiducia in se stessi e quindi con la paura di affrontare le difficoltà della vita. La stanchezza ne è il prodotto. E il senso di futilità proviene dalla stanchezza, e viceversa - ed entrambe sono figlie della repressione. Capisci?

  20. DOMANDA: Sì. Ma come posso uscirne?

  21. RISPOSTA: Mio caro, c’è solo un modo, ed è un’approfondita ricerca per trovare se stessi, per realizzarsi e autoconfrontarsi, per poi ricostruire alcuni tratti della personalità. Non è facile, ma è il solo modo. Non ci sono soluzioni facili e veloci.

  22. DOMANDA: Ho una domanda sull’uccisione degli esseri viventi. Ho insegnato a mia figlia che è male uccidere gli esseri viventi. Ma che devo fare se ho i parassiti in casa?

  23. RISPOSTA: Beh, cari amici, ho già risposto a questo genere di domande e lo farò ancora. Questa idea di non dover uccidere nulla - anche se distruttivo come i parassiti, ad esempio - è un fanatismo esagerato e un fraintendere la verità. Esiste un livello inferiore di vita animale che è distruttiva, e se voi tutti rispettaste la rigida regola del non uccidere, distruggereste voi stessi. Non uccidereste neppure i germi. Anche i germi sono organismi vitali, solo più piccoli. Non li vedete a occhio nudo, ma sono vita. Dov’è il confine? Un piccolo organismo distruttivo risparmiato a causa di una tale regola, alla fine distruggerebbe l’organismo vitale più grande e importante. Lasciando vivere un organismo per la regola di non uccidere uccidereste comunque, pur non assistendo all’atto stesso dell’uccidere poiché la cosa richiederebbe tempo. Ecco un tipico esempio di quanto sia pericoloso e fallace seguire le regole alla cieca. Così facendo finite per fare proprio ciò che la regola proibisce. Questo vale per qualsiasi verità. La verità portata all’estremo senza riflettere diventa inevitabilmente una falsità. La verità non è mai una regola rigida da osservare alla lettera. È dinamica e flessibile, e dunque richiede sempre la via di mezzo che si può conseguire solo con un pensiero e una valutazione responsabili.

  24. Un dogma rigido si basa sulle regole. Si è estratta la vita dallo spirito vivo di verità, e si è sostituito ciò che dice la legge. Dato che le persone sono troppo pigre per pensare e troppo codarde per prendere decisioni in base alle proprie valutazioni, decidono di conformarsi a delle aride regole e si sentono bene per aver fatto la cosa giusta. La verità non è mai comoda. Per perseguirla si deve lottare di continuo facendosi carico delle cose, ponderando, decidendo, soppesando. La verità richiede senso di responsabilità e coraggio. Questo vale per tutto, anche per la tua domanda.

  25. La domanda successiva potrebbe essere: a quale livello della vita animale dovremmo fermarci? Come facciamo a saperlo? Ci sono talmente tante considerazioni e fattori che ignoriamo. Come possiamo decidere quale vita animale è prevalentemente distruttiva, e quale prevalentemente costruttiva? Dipende anche dalle condizioni di una particolare civiltà e dai fattori ambientali. Non c’è una risposta facile. Ma, anche qui, fanatismo e rigidità non sono la risposta. La risposta è lo sviluppo evolutivo. L’umanità non è ancora pronta a rinunciare all’uccisione di specie animali superiori, ma non manca molto - almeno dal nostro punto di vista. Verrà il tempo in cui l’umanità non avrà più bisogno di mangiare carne. Tuttavia, fino a quel giorno, molto altro dovrà cambiare. Il prossimo passo sarà di osservarsi attentamente per evitare inutili crudeltà. Non si può eludere questa fase con il divieto del consumo di carne.

  26. Fino a quel momento la risposta a queste domande la troverete solo in voi. Sondate voi stessi. Dove tendete a un rigido fanatismo? Dove tendete a essere irresponsabili? Ogni problema richiede un atteggiamento diverso, una nuova presa in carico e un’attenta riflessione.

  27. DOMANDA: Potresti chiarire la distinzione tra gli stati pseudo-euforici di esaltazione e la vera esaltazione? Molte personalità hanno già dato la loro risposta, ma ci piacerebbe sapere quel che hai da dire al riguardo.

  28. RISPOSTA: Il primo e più importante parametro per stabilire una risposta alla tua domanda è chiedersi quale sia stato il motivo per volere lo stato di esaltazione. Di certo la prima risposta sarà sempre “perché volevo comunicare con Dio, per evolvermi". Ma vi evolvete per davvero sperimentando quella condizione? Non se è prodotta artificialmente. L’unico modo per distinguere tra autentica e finta esaltazione è rispondere con sincerità se c’entri qualcosa il desiderio di fuga dalle difficoltà della vita; o se ci sia un desiderio di supremo piacere impossibile da conseguire in modo salutare poiché nell’anima c’è ancora troppa paura e inibizione. Una risposta vera si potrà sempre trovare, ma solo se si va alle radici di se stessi e si trovano questi fattori.

  29. Una preoccupazione particolare per questo argomento desta qualche sospetto. L’anima essenzialmente sana non avrà una specifica brama di quegli stati euforici di esaltazione. Il desiderio sarà piuttosto quello di procurarsi tutto il piacere che la vita può dare rendendo la propria anima la più sana possibile. Così troverete Dio. Non dovrete, né vorrete perdervi una piena esperienza di vita con l’altisonante pretesto che il vostro scopo è la comunione con Dio. Se è questo ciò che volete, c’è in voi la paura di affrontare la vita a viso aperto, e lo volete evitare.

  30. I veri stati spirituali di esaltazione arrivano improvvisi e inaspettati. Vengono da sé dopo una vita vissuta per davvero, e non elusa. Sono di fatto molto rari e non costituiscono una scorciatoia. Non arrivano per aver evitato la vita, ma per il mero desiderio di crescita e progresso. Molti bramano proprio qualcosa di intrinsecamente impossibile: tentano di arrivarci costringendosi a stati di esaltazione che non possono essere genuini.

  31. Chi percorre la scomoda e angusta strada del guardarsi allo specchio il più a lungo possibile non vive quel tipo di esperienze, né le brama. L’assenza di tale desiderio è un possibile indice di uno stato d’animo sano, di saper accettare la vita e di saperla affrontare, o che almeno c’è fiducia e l’intento di imparare ad affrontare la vita in ogni suo aspetto più o meno favorevole, acquisendo in tal modo la capacità di provare felicità, amore e piacere. Gli iper stati di euforia di solito evitano questa strada. Come vi stavo dicendo, se sono autentici giungono solo dopo aver affrontato la vita in tutte le sue sfaccettature.

  32. Tuttavia, amici, può anche darsi che quello stato sia una combinazione di fuga e di un assaggio di autentica esperienza spirituale, forse favorito da un mix di tendenze interiori preesistenti. Ma se è presente un elemento di autenticità, a livello inconscio non vorrete più cercare una scorciatoia per vivere quella esperienza: sarete più determinati che mai a rinunciare a ogni resistenza interiore per guardarvi allo specchio fino in fondo. Riconoscerete che il desiderio di comunione con Dio era funzionale a evitarvi una comunione con voi stessi. Se solo una particella di una simile esperienza fosse reale, si accrescerebbero il coraggio e l’umiltà di affrontare se stessi con tutti i propri limiti.

  33. Lo ripeto: nella misura in cui l’esperienza è stata genuina, in quella misura il percorso successivo si distaccherà dalla ricerca di stati di euforia. Ho risposto alla tua domanda?

  34. DOMANDA: Sì. Ma, ad esempio, a volte la preghiera e la meditazione danno tanta pace e felicità interiori, ai limiti dell’esaltazione.

  35. RISPOSTA: Pace, calma e felicità non si possono definire come uno stato euforico di esaltazione. Anche qui, come nella domanda sui due tipi di coscienza, dovresti analizzare quel che senti circa quella pace. Riconosci il tuo sentire. Vale a dire, la pace è il risultato di una passività malsana? Contiene elementi di rinuncia all’azione interiore o esteriore? Vuol dire che ora senti di non dover fare altro, per dare una svolta alla tua vita? Una malsana passività è indice di distorsione, così come lo sono l’iperattività, la fretta, le pressioni e le compulsioni. La verità combina l’attività e la passività in maniera rilassata. La conoscenza e l’intento di vivere la vita attiva non vogliono l’inquietudine interiore. Se si ha la sensazione di una pace sana, la forza si accumula e si ha fiducia di poter superare gli ostacoli e vivere appieno la vita: così la pace è autentica. Se invece è una sensazione momentanea, piacevole, rilassata, ma che dopo essersene andata non lascia energie da poter utilizzare in modo costruttivo, vuol dire che non era autentica. La vera pace e la vera forza di solito arrivano dopo aver accettato totalmente qualcosa di sgradevole che si è scoperto su di sé.

  36. DOMANDA: Un miglioramento duraturo non è anch’esso un criterio di valutazione?

  37. RISPOSTA: Sì. Quel che vi dicevo porta a un miglioramento persistente, che si ottiene solo se l’esperienza rafforza l’intento e l’effettiva ricerca e risoluzione dei propri impedimenti. Aspettarsi un miglioramento duraturo solo perché si è avuta un’esperienza del genere è un equivoco. Di fatto l’esperienza influenza le azioni e l’atteggiamento di una persona che desideri migliorare attraverso i propri sforzi, il coraggio e l’umiltà. C’è una differenza sottile ma importante in questa prospettiva. Inoltre tale esperienza è quasi sempre il risultato di seri sforzi nella giusta direzione, i quali a loro volta producono ulteriori azioni impegnate.

  38. Inoltre non è facile giudicare cosa costituisca un miglioramento. Come tutti voi sapete, un cambiamento effettivo è un processo così graduale da passare quasi inosservato e si scopre solo molto più tardi. Di rado ci si può fidare dell’improvviso cambiamento di personalità di qualcuno. D’altronde è un grande passo avanti riuscire ad accettare se stessi per ciò che si è, poiché quella è la base su cui lavorare. Nessun altro potrebbe notarlo se non voi. I veri miglioramenti sono spesso sottili.

  39. DOMANDA: Hai già risposto in parte alla mia domanda. Riguarda il miglioramento lungo il cammino. C’è un miglioramento automatico determinato dal riconoscersi per ciò che si è, o potrebbero anche risultare utili le discipline che sollecitano delle risoluzioni o che fanno promettere a se stessi di non ripetere certi schemi?

  40. RISPOSTA: Promettersi di non ripetere certi schemi può essere alquanto rischioso, poiché non si possono evitare alcuni schemi se non se ne trova la causa. Una volta scoperti se ne deve capire la necessità interiore, pur se fasulla. Per voi essi rappresentano una difesa indispensabile. Finché non si comprendono a fondo quei fattori e non riconoscete che difendervi è distruttivo e inefficace - e che in realtà vi porta proprio ciò da cui desiderate difendervi - quelle promesse non servono a nulla. Interrompere uno schema senza averlo compreso procura un’ansia estrema. Ciò, a sua volta, produce ulteriori schemi distruttivi. Oppure se manteneste lo schema nonostante la promessa data, vi sentireste arrabbiati con voi stessi e vi scoraggereste. O vi potreste trovare in un tale conflitto sulla questione da reprimere la consapevolezza della ripetizione degli schemi. Li ripetete in modo talmente sottile - e forse impercettibilmente diverso - che non ne siete più consapevoli, e dovete quindi ripetere il processo per smascherarli.

  41. Pertanto vi sconsiglio di fare quel tipo di promesse. Tuttavia serve un qualche tipo di disciplina. Ad esempio a esortarvi a guardarvi in faccia con onestà; o a dedicare tempo e tanta comprensione alla soluzione di un dato cambiamento; o a non desistere dallo sforzo di auto-osservazione e a tener conto delle proprie azioni e reazioni. La disciplina è necessaria anche per essere consapevoli delle volte in cui gli schemi si ripetono con delle varianti.

  42. La risposta alla tua domanda è combinare la disciplina e il lasciarsi manifestare in tutta la propria natura. Solo questo binomio produce crescita, e la crescita non si può accelerare.

  43. Prima di disfarsi di uno schema distruttivo si deve comprendere la difesa interiore e la sua necessità. Ciò porta a un’accettazione matura delle conseguenze di una difesa distruttiva, fino a quando la psiche sarà pronta a farne a meno. È un passaggio necessario, altrimenti sarà impossibile maturare. Questa fase non si può abbreviare. Una volta che si è davvero pronti a rinunciare allo schema, non vi sarà più bisogno di farsi delle promesse. Non si vorrà fare, sentire, o agire in base allo schema. Se ne verrà fuori in modo naturale.

  44. Vedete, amici, sbagliate atteggiamento se il vostro approccio allo sviluppo è sbrigativo. Per un verso la fretta denota una forte autoimmagine idealizzata, cioè: "Devo essere già perfetto". Ciò non fa che rafforzare la non accettazione di sé per come si è. Ma la fretta indica anche questo: “Fintantoché sarò imperfetto vivrò situazioni imperfette e sarò inappagato e frustrato. Perciò devo sbrigarmi a diventare perfetto, così sarò perfettamente felice”. Qui c’è anche l’atteggiamento puerile di cui abbiamo spesso parlato del non voler accettare la vita così com’è. Il bambino vuole il paradiso in terra. È vero che a questo punto vi siete già evoluti da quando pretendevate la felicità dalla vita e dal prossimo ed eravate risentiti se non ve la davano, declinando ogni responsabilità per i vostri desideri. Adesso avete capito che siete voi i soli artefici del vostro destino. Ma ancora non accettate di dover considerare la vita come qualcosa di imperfetto. La capacità di trarre felicità dalla vita - pur se imperfetta - e di accettarsi mediamente per come si è, è il più grande segno di crescita e maturità.

  45. Tempo addietro, nel corso di una seduta individuale, dicevo a un amico: “Hai sentito parlare di molti aspetti di ciò che costituisce la maturità o l’immaturità. Una delle grandi pietre miliari sulla strada per la maturità è la capacità di rinunciare a essere speciali o pretenziosi, e di accettarsi come persone comuni che conducono una vita normale. Se riuscirai a ricavare la felicità dall’ordinario e dall’essere ordinario, allora sì che avrai fatto tanta strada. Se accetti te stesso e la vita in quel modo non dovrai più costringerti a essere perfetto. Non avrai più bisogno del paradiso in terra. Vedrai i tuoi progressi con equanimità, e nessuna frustrazione o infelicità costituirà per te un disastro. Ti darai tempo per crescere. Non serve che ti dica che eliminando la compulsione a essere felice e perfetto sarai molto più felice e perfetto di prima. In tal modo approccerai il tuo percorso con il giusto tipo di disciplina; non tentando di agire in modo perfetto, bensì non facendo più resistenza ad affrontare ciò che di solito si trova proprio davanti a te, e che eppure è così difficile da vedere. Potresti essere molto deciso a trovare te stesso. Ti aspetti di avere delle importanti intuizioni profonde di impatto devastante, ma non vedi le piccole cose di tutti i giorni che rivelano così tanto dei tuoi problemi, e che hai sotto il naso. Perché te ne possa accorgere ti servono disciplina e il volerle vedere”.

  46. DOMANDA: La preghiera non è una sorta di disciplina per mantenere l’orientamento?

  47. RISPOSTA: Sì. La preghiera è un buon modo per non rinunciare a impegnarsi nella giusta direzione.

  48. DOMANDA: Come si ripristina un’esperienza emotiva di Dio? Non il Dio della religione, ma il Dio che è. Capisco che le motivazioni sono importanti. Potrei voler adorare un Dio che probabilmente non esiste in me. O di farlo con l’idea in me latente di ottenere qualcosa. Oppure per darmi una spiegazione a livello razionale. O forse potrei aver bisogno di una figura di padre. Ecco le mie motivazioni. Ho qualche idea su dove ricavarmi questo senso di Dio. Ho provato col lavoro, coi libri. Adesso che faccio, dove vado per accrescere il mio sentire nei confronti di Dio?

  49. RISPOSTA: Quanto ai motivi che hai citato, sono veri, ma non tutti. Il tuo ultimo motivo è un fattore molto più forte di quanto tu ti possa render conto, e contiene molti aspetti che ancora ignori. Inoltre ti potrebbe non piacere sentirti dire che non solo hai motivi negativi di cui sembri così orgoglioso, ma che c’è anche un motivo molto salutare, un reale bisogno spirituale che stai ignorando e che non vuoi riconoscere. Ma per adesso le motivazioni sono di secondaria importanza. Va bene che tu possa elencarne alcune, ma a questo punto non importa.

  50. La prima considerazione è scoprire come si ottiene quella esperienza interiore, cosa fare, dove andare. C’è solo un modo: conseguire l’individualità. Non puoi avere un’autentica esperienza di Dio, o fiducia e fede in Dio, se non ti fidi e non credi in te stesso. Se lo farai, non solo ti fiderai degli altri, ma ti fiderai anche di Dio. Quindi il mio consiglio è di non cercare Dio nelle chiese o nei templi, né attraverso la conoscenza, i libri o gli insegnamenti. Cercalo in te stesso, e Dio si rivelerà. Dio è in te. Fiducia, fede, amore, verità: tutto questo già esiste in te. Nessuna conoscenza esteriore ti può dare una reale esperienza di Dio e, del resto, neanche la accetteresti. Se lo facessi sarebbe per motivi malsani, o forse anche sani. Impara intanto a fidarti di te, malgrado le tante ragioni per cui ritieni di non poterlo o doverlo fare. Questo percorso, di per sé, alla fine ti porterà ad avere una salutare fiducia in te stesso. E questo è tutto ciò di cui hai bisogno per trovare Dio.

  51. Sono tante le persone che si aggrappano a Dio solo perché non si fidano di se stesse. Questo è il tipo sbagliato di fede, l’approccio sbagliato. È una fede costruita davvero sulla sabbia. È una falsa religione che induce a obbedienza e paura. È distruttiva, accresce la debolezza e non la forza. È il tipo di religione da evitare. Non solo la si riscontra in ben note confessioni religiose, ma anche in individui che non sono affiliati ad alcuna religione. È un veleno sottile e pervasivo.

  52. DOMANDA: Ho notato che quando confesso le mie colpe agli altri sembra che ne traggano sollievo e che li aiuti ad affrontare se stessi. Potresti commentare questo fatto?

  53. RISPOSTA: Sì, verissimo. Ed è anche ovvio. Vedete, nella loro solitudine e separatezza le persone credono profondamente nelle loro emozioni - malgrado la loro mente dica loro altrimenti - e di essere le uniche ad avere determinate debolezze e difetti. Si sentono ostracizzate, diverse, separate - e dunque provano grande sollievo quando le avvicina un essere umano che ha la forza di affrontare ed enunciare debolezze, difetti o limiti simili ai loro. Ciò dà coraggio e rende molto più facile affrontare se stessi, mentre la convinzione irrazionale e inconscia di essere gli unici ad avere dei problemi induce a un’ulteriore repressione.

  54. Carissimi amici siate benedetti, ciascuno di voi. Possano queste risposte aiutarvi a fare un altro passo nella giusta direzione. Possa un piccolo seme attecchire in voi, che vi aiuti ad assorbire tutto il materiale ricevuto, anche se parte di esso si realizzerà tra molto tempo. Perseverate, amici miei, e diventerete esseri umani che sanno come amarsi, rispettarsi e apprezzarsi nella loro dimensione umana di tutti i giorni - e godervi così la vita senza sentire di dover essere perfetti. Ciò non vi condurrà all’estremo opposto - ed erroneo - della pigrizia, che vi toglie il desiderio di cambiare e di crescere. Forse presto, nelle vostre motivazioni interiori, avvertirete la differenza tra l’impulso a una crescita autoimposta con le cattive - sentendo di non meritare la felicità ma la punizione, poiché vi sentite imperfetti - e l’impulso a crescere solo perché è ciò che voi liberamente desiderate.

  55. Siate benedetti, tutti voi e i vostri cari. Siate in pace. Siate in Dio!

Testo originale: Pathwork Guide Lecture No. 91 - Questions and Answers
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