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Lez. 97 - Il perfezionismo come ostacolo alla felicità - la manipolazione delle emozioni

Lezione della Guida del Sentiero - Pathwork Guide Lecture
2 febbraio 1962

Traduzione in italiano di Daniele Buratti
Revisione non ancora effettuata
Edizione Aprile 2024

  1. Saluti, amici carissimi. Dio benedica ognuno di voi. Benedetta è quest’ora. Benedetto è il vostro lavoro.

  2. Tanti si adoperano con cuore sincero per trovare Dio, ma se si chiedesse loro in cosa consista la ricerca o come immaginavano si svolgesse, avrebbero difficoltà a rispondere in maniera congrua. Con tali vaghe speranze e tentativi, le persone - sovente in maniera inconsapevole - si ritrovano in un’illusione a immaginare confusamente qualcosa a cui non riescono a dare un nome.

  3. Eppure è certo che esiste qualcosa chiamato “ricerca di Dio”. Di fatto è un processo assai concreto. Non c’è nulla di velato, irrealistico o illusorio al riguardo. Se si parla di “trovare Dio” le persone pensano a una serie di cose diverse. Ciò che di fatto significa trovare Dio è trovare il sé reale. Trovando in qualche misura voi stessi, vivete in relativa armonia. Comprendete e percepite le leggi universali. Siete capaci di amare, di relazionarvi e di sperimentare la gioia. Siete autenticamente autoresponsabili. Possedete l’integrità e il coraggio di essere voi stessi anche se non doveste ricevere l’altrui consenso. Trovare Dio è questo, qualunque sia il nome con cui designate il processo. Si potrebbe chiamare anche “tornare a casa dall’autoalienazione”.

  4. Vi sono molti indicatori di reale individualità, ad esempio la capacità di sperimentare e di donare gioia. Non potete dare gioia se non siete delle persone gioiose. Ma come fare se si vive in un mondo imperfetto?

  5. Le idee consce o inconsce che le persone si fanno di una vita gioiosa sono sempre collegate a una vita perfetta. Non ci si può godere la vita se si è imperfetti; né vi si può riuscire se sono imperfetti anche i vicini, le situazioni di vita e le relazioni. Questa è la causa di uno dei grandi conflitti e confusioni interiori dell’umanità. Razionalmente sapete tutti che la perfezione non è di questa vita. Per questo spesso reprimete il vostro reagire a una situazione imperfetta - e il reprimere fa sì che conflitti e confusioni si amplifichino, anziché diminuire. Una cosa è professare una conoscenza in superficie; ben altro è sperimentarla emotivamente. Nel corso del lavoro vi siete spesso imbattuti in analoghe discrepanze, tuttavia non siete ancora consci della vostra intima esigenza di perfezione.

  6. Ho già parlato dell’argomento in passato, ma ora ritengo necessario collegarlo al tema dell’autoalienazione e della negazione della gioia nella vita a causa del perfezionismo. Oso dire, amici miei, che tra voi non c’è nessuno che, per quanti progressi abbia fatto, sia interamente consapevole di quanto il bisogno di essere perfetti allontani dal vero sé, e allo stesso tempo impedisca una vita gioiosa. Non dico una vita gioiosa al cento per cento, ma vissuta in pienezza e in cui trarre gioia dall’esperienza, dalla crescita e dal sentire in misura di gran lunga maggiore di quanto avvenga adesso.

  7. Per strano che possa sembrare, quanto più accettate l’imperfezione, tanto maggiore sarà la gioia che darete e riceverete. La capacità di essere felici dipende dalla vostra capacità di accettare l’imperfezione: non a parole o in teoria, ma nell’esperienza emotiva. Come sapete si tratta di due cose ben diverse. Ci vuole tanta autoricerca, lavoro costante e la volontà assoluta di essere onesti con se stessi per scoprire e accettarle le proprie discrepanze, anche solo per un momento.

  8. Ad esempio, solo accettando una relazione imperfetta - senza implicare in alcun modo la malsana sottomissione originata dalla paura della perdita o della disapprovazione - avrete gioia e infonderete gioia nella relazione. Solo se accettate la vostra imperfezione potrete iniziare a crescere e sperimentare la gioia che deriva dalla vostra individualità. Questo perché le vostre esigenze sono incompatibili con la realtà, così come la conoscete.

  9. Il più delle volte non siete neanche consci di ciò che nella vostra percezione è imperfetto. Ciò vi impedisce di crescere abbastanza da poter accettare l’imperfezione. Reprimete le vostre carenze: i vostri inadempimenti, le vostre frustrazioni. Non ne siete pienamente consapevoli. Passate oltre, sapendo che la perfezione è impossibile. Non vi rendete conto di quanta energia distruttiva generiate ignorando il vostro mancato appagamento.

  10. Reprimere è nocivo per due ragioni: la prima è che se aveste scelto di essere consapevoli vedreste quanto sia inutile la frustrazione, e che questa si elimina modificando gli schemi che la originano. La seconda è che se voi reprimete non riuscirete ad accettare ciò che è impossibile cambiare, ossia l’imperfezione in quanto tale. Dovete essere consapevoli per discernere tra il cambiare finalizzato a ricavare un maggiore appagamento e il mero desiderio di accettare lo status quo perché è la via più facile. Sovente nel vostro intimo vi ribellate a tutto ciò che è immutabile nel vostro mondo, solo perché non ci potrà mai essere perfezione. Al contempo la crescita spirituale non va avanti, giacché il vostro perfezionismo vi impedisce di passare a modelli interiori di gran lunga più appaganti.

  11. Un passo importante è concedervi il lusso di confrontarvi coi desideri, le insoddisfazioni, le aspirazioni e le lamentele sulla vita o sul fato, sugli altri o su voi stessi. Scoprite rispetto a cosa vi sentite imbrogliati. Provate risentimento perché qualcosa nella vostra vita è imperfetto, ma per accettare appieno l’imperfezione dovete prima diventare del tutto consci del vostro rancore al riguardo. Solo affrontando il vostro risentimento per l’imperfezione potrete iniziare ad accettarla. E solo accettando l’imperfezione avrete una vita gioiosa e trarrete piacere dalle vostre relazioni. Ma finché tendete inconsciamente a una perfezione che sulla Terra non esiste non potrete accettare quel che c’è, e così sciuperete la vostra vita e le vostre relazioni. Non potrete crescere e quindi cambiare ciò che è mutabile e che potrebbe essere assai migliore, pur restando imperfetto.

  12. Sembra paradossale essere capaci di gioire o di crescere semplicemente accettando la propria imperfezione. Ma pensateci bene e vedrete che è così. Il compito sembra facile da realizzare, ma in pratica risulta spesso difficile perché siete del tutto ignari delle vostre reazioni e sentimenti. Usate così tanti sotterfugi, avete talmente tanti anfratti celati nell’anima che per diventarne consapevoli serve la vostra massima attenzione e una volontà interiore focalizzata. Tuttavia quando sarete progrediti abbastanza, questo lavoro risulterà la cosa più semplice del mondo perché basato sulla verità.

  13. Di nuovo: l’imperfezione è la realtà, la verità del vostro mondo. E la realtà o la verità del vostro personale stato dell’anima è che non accettate l’imperfezione. Non disporrete di una solida base da cui procedere se non affronterete la realtà di entrambe le verità: una nel mondo e l’altra nella vostra anima.

  14. Persino il vostro procedere nel Sentiero è permeato da un atteggiamento perfezionista, per quanto sottile. Ascoltate la sua voce: “Avrei dovuto già risolvere i miei problemi. Non potrò essere felice finché non avrò risolto i miei problemi; e per riuscirci dovrò essere impaziente, ossessivo e instancabile. Non posso vivere nel presente, ma in qualche modo devo sempre cercare di vivere in un futuro in cui spero di essere perfetto e poter infine sperimentare felicità, amore e relazioni perfette”. Un simile atteggiamento non è mai cosciente o formulato in modo chiaro; ma, se tradotte, spesso le vostre emozioni trasmetterebbero proprio questo. Ogni volta che vi passa per la mente di non riuscire a risolvere un problema in questa vita tendete a scoraggiarvi o addirittura a pensare: “A che pro? E poi perché dovrei affrontare queste verità su di me?”. Una reazione che denota proprio l’atteggiamento di perfezionismo circa la crescita spirituale. L’aspettativa inconscia è la perfezione totale, e non una crescita progressiva.

  15. Non è che non dovete avere problemi: non è possibile. Non dovete essere già perfetti per vivere appieno, per accrescere la vostra consapevolezza o potenziare costantemente la capacità di vivere un’esperienza emotiva completa. Vi basta vedere dentro di voi e valutare quel che vedete, e poi fare scelte interiori che implichino la flessibilità del cambiamento. Accettando l’imperfezione sarete meno imperfetti. Altrimenti non potrete mai essere flessibili a sufficienza per cambiare. La fretta e la vergogna di non essere perfetti creano un muro rigido che rende impossibile crescita e cambiamento.

  16. Il problema è che le persone sono spesso ostacolate dall’atteggiamento “o/o”. Sentono di dover tendere alla perfezione immediata negando l’imperfezione ancora presente, o di dover rinunciare del tutto a impegnarsi per progredire. Per loro accettare l’imperfezione equivale a stagnare senza neanche provare a crescere o a cambiare. Questi due estremi sono interdipendenti, come lo sono tutti gli atteggiamenti estremi. Solo liberandovi di entrambi farete sì che un atteggiamento sano, costruttivo e produttivo diventi parte integrante del vostro essere.
  17. C’è un’altra sottile deviazione nell’erroneo atteggiamento perfezionista; è l’enfasi inconscia sul diventare perfetti secondo i parametri imposti dal mondo, dalla religione e dalle regole - in altre parole, dall’autorità esterna. Questa tensione, per quanto sottile, genera e induce ulteriore autoalienazione. L’approccio produttivo è rendere cosciente quel che sentite, desiderate e temete, e poi trovare il vostro obiettivo più intimo, quello del vostro sé reale.

  18. Se la vostra attenzione è rivolta alla crescita, piuttosto che alla perfezione, vivrete nel presente. Rinuncerete ai valori sovrapposti e troverete i vostri. Farete a meno di subdole finzioni e sovrapposizioni o di atteggiamenti nascosti eppure presenti, secondo cui fate ciò che fate per amore dell’apparenza anziché per voi stessi. Trovare i vostri valori vi conduce all’individualità e vi allontana dall’autoalienazione. Ciò indurrà uno stato di armonia interiore e vi radicherà in voi stessi.

  19. Molti di voi diranno subito: “Oh, io non fingo; non faccio nulla per salvare le apparenze”. È chiaro che non mi riferisco a una grezza esteriorità, ma alle sottigliezze interiori della vostra tensione emotiva, dalla quale nessun essere umano è del tutto libero.

  20. Accettate dunque l’imperfezione, poiché solo così potrete crescere. L’esistenza stessa del perfezionismo ostacola la crescita e induce rigidità ed estremismo interiore.

  21. Siete talmente condizionati a manipolare le vostre emozioni che vi servirà molto tempo e attenzione per capire gradualmente come lo stiate effettivamente facendo. È sempre il perfezionismo a indurvi a farlo. Dato che riconoscete che molti dei vostri sentimenti coscienti sono imperfetti, cercate di forzare la sovrapposizione di emozioni non genuine. Come potete essere il vostro sé reale se la vita emotiva non fluisce in modo naturale e organico, senza essere ostacolata da comandi sovrapposti? Il sé reale osa sempre essere spontaneo, ma la spontaneità è fuori questione con le emozioni frenate. Vedere come voi non permettete al vostro sentire di fluire in modo naturale sarà un obiettivo a sé, una volta abbastanza evoluti da poterlo fare.

  22. L’alterazione del libero fluire dei sentimenti può avvenire in tanti modi sottili. Ad esempio con un’emozionalità forzata, con l’eccessivo drammatizzare, esagerando, convincendovi di provare sentimenti più forti di quelli che in realtà provate. O persino illudendovi di non essere voi a dirigere il flusso delle emozioni. Osserveremo questo fenomeno alla luce dell’autoalienazione per capire perché un processo all’apparenza innocuo sia tanto dannoso.

  23. Ma prima diamo un’occhiata a un altro modo di manipolare le emozioni: smorzandone la forza e ottundendone l’intensità. Entrambe le modalità interferiscono col flusso naturale; non si ha fiducia che la vita emotiva funzioni organicamente e non viene incoraggiata a svilupparsi. Un genere errato di cautela, una paura irreale e una forte volontà - la corrente a forzare - giocano un ruolo nello stabilire questo schema. La stessa persona potrebbe adottare entrambi i metodi, come succede in gran parte dei casi. La modalità specifica a cui si ricorre dipende da fattori quali la struttura della personalità, le pseudosoluzioni, i problemi della vita e così via.

  24. La corrente a forzare deriva da forti bisogni repressi, tanto più forti in quanto non siete consapevoli di essi o della loro intensità. Nel momento in cui prendete piena coscienza di un bisogno e ne comprendete ogni aspetto svanisce l’urgenza nonché la compulsività che, almeno in parte, porta a un’alterazione delle vostre emozioni genuine. L’urgenza di bisogni non riconosciuti amplifica le vostre emozioni in modo esagerato. A livello inconscio pensate: “Se le mie emozioni sono abbastanza forti, verrò gratificato”. Oppure, se avete un carattere pauroso e pessimista, non ammetterete affatto la loro esistenza - per non parlare della loro urgenza - e così eliminerete queste emozioni dall’esistenza, vale a dire dalla vostra consapevolezza.

  25. In nessun caso vi concedete il lusso di lasciar fluire le emozioni, di osservarle, di imparare da esse e riconoscere il reale stato delle cose dentro di voi. Rendere le vostre emozioni più forti o più deboli di quanto in realtà non siano è una forzata manomissione che ne paralizza il funzionamento. Le vostre capacità intuitive, creative e spontanee non possono dispiegarsi. Sostituite altre facoltà a quelle emotive e così nascono discrepanze e disarmonie. Viene vietata la ricchezza del sentire, e dunque vi impoverite. Vivete alla periferia, nella vita superficiale di cui vi parlavo poc’anzi.

  26. Il vostro scopo primario è la consapevolezza piena di ciò che sentite e volete davvero. Rilassatevi e lasciate che il sentire raggiunga la superficie della vostra coscienza. Ciò non significa per forza agire sui sentimenti, ma se essi si mostreranno nella loro naturale intensità - o nella loro assenza di intensità rispetto a ciò che pensavate di provare prima - avrete un buon indizio di cosa voglia dire essere il vostro sé reale. Questa pratica vi darà una prospettiva assai diversa su alcuni vostri problemi personali e della vostra vita.

  27. Spesso vi ponete la domanda: “Come posso capire qual è il mio sé reale? Sono così abituato a tutti questi falsi livelli, questi strati difensivi sovrapposti, che sono diventati una seconda natura e non riesco più a capire quale sia il vero me e quale un meccanismo protettivo di difesa.” Notando l’esagerazione emotiva in contrapposizione al reprimere vedrete alfine come reagisce il sé reale - spesso a metà scala tra il valore massimo e il minimo - e come i vostri sentimenti reali, se non manipolati da bisogni inconsci, creano una situazione interna assai diversa e, nel tempo, una differente situazione esterna.

  28. Questo non è esattamente il tipo di lavoro da svolgere nelle sessioni personali. Potrebbe diventare oggetto di discussione, ma tale consapevolezza può essere conseguita solo attraverso una calma auto osservazione mentre state per conto vostro. Naturalmente l’intero processo di questo lavoro, in privato e nei gruppi, vi renderà più consapevoli di ciò che accade realmente in voi.

  29. Potrete scoprire i vostri sentimenti genuini, nonché le emozioni manipolate, se stando da soli vi rilasserete e permetterete al vostro vero sentire di affiorare. Rivedendo il modo in cui avevate reagito a determinati episodi, sarete in grado di chiedervi se l’esagerare o il moderare le emozioni fosse imputabile alle paure, ai desideri o ai principi radicati in voi, a cui ritenete di dover aderire. Uno dei vostri "dovrei" nei confronti dell’altro o di voi stessi è forse reo della manomissione dei vostri sentimenti naturali e genuini? La verità sul vostro sentire non può essere accertata da nessuno, se non da voi. Mentre in un modo o nell’altro vi condizionate a osservare il vostro vero sentire senza manipolazioni, emergeranno da voi una nuova forza e una nuova certezza, poiché il sentire reale e non manipolato proviene dal sé reale. Ma ciò accadrà solo dopo che avrete attraversato il labirinto dello sperimentare ogni sorta di altre emozioni che sono sovrapposte dalle vostre pseudo-soluzioni e meccanismi di difesa. Se rifuggite le emozioni dolorose - per evitare di provare un leggero dolore, o forse perché pensate che dovreste essere al di sopra di tutto ciò, essendo già perfetti - come potrete scoprire il colpevole e arrivare a conoscere la grande profondità della realtà del vostro essere? Come potrete allora convincervi della verità assoluta che tutte le emozioni dolorose - siano esse esagerate o represse - sono illusioni e che in realtà non vi sentite affatto così, anche se ora siete in preda a emozioni distruttive e dolorose? Vi siete condizionati ad adattarvici, ma ciò non le rende reali.

  30. Scoprire che non sono reali dà gran sollievo, ma non ci arriverete senza essere disposti a rilassarvi e lasciare che emerga il vostro sentire, ponendovi le domande pertinenti. Abbiate il coraggio di sentire ciò che sentite a prescindere se sia giusto o sbagliato, se sia ciò che credete di dover provare, se sia ciò che pensate ci si aspetti che proviate, o, se sovradrammatizzate, se sia quel che pensate che l’altro debba provare o fare. Giacché di solito è questo il principale motivo che vi porta a esagerare l’intensità del vostro sentire. È una misura per forzarne un’altra.

  31. Dunque osservate questo, amici miei. Tutti voi usate entrambi i modi di manipolare le vostre emozioni. La sovradrammatizzazione è collegata alla pseudo-soluzione del potere. La repressione dei sentimenti è collegata alla pseudo-soluzione del ritirarsi, della falsa serenità, della fuga dal vivere e dall’esperire. Entrambe le alternative portano a una scarsa profondità, e non a esperienze reali. Lì per lì direste che chi esagera il proprio sentire e lo rende più forte di quanto esso non sia, di fatto sperimenta in modo assai acuto. Ma io dico, amici, che tutto ciò che non è genuino induce e si traduce in autoalienazione, e dunque in superficialità. Anche se sembrate vivere di emozioni, non è quella la vera esperienza dell’anima. Sfoggiate un eccesso di emotività perché forse, a livello inconscio, desiderate piegare la vita e gli altri ai vostri bisogni. Si tratta di una manipolazione nel vero senso della parola. Per quanto riguarda la scelta del ritirarsi, che implica sminuire ciò che sentite davvero, il risultato è ovvio.

  32. Adesso concentratevi su questo, amici miei, e otterrete risultati assai rilevanti. Chiedetevi cosa sentite per davvero. A volte potrebbe non essere tanto facile vederlo, perché potreste sorvolare un episodio lasciandolo nel vago, senza registrare alcuna reazione particolare. In realtà una reazione avviene sempre. Il processo di ignorare le vostre vere reazioni è un fenomeno universale che determina una diminuita consapevolezza della vita e di sé, nonché autoalienazione. La consapevolezza della vita e degli altri viene solo dalla consapevolezza di sé, che è il processo di riconoscere come voi reagite davvero. Forse la vostra reazione esteriore non è tanto diversa da quella interiore; il vostro sentire è semplicemente offuscato e reagite in uno stato di dormiveglia. Servono tempo, fatica, concentrazione e allenamento per risvegliarsi ed essere profondamente consapevoli; non succede da un dì all’altro.

  33. Una volta iniziato questo particolare tratto del vostro percorso, noterete come sovente prendiate coscienza di una determinata reazione solo pochi giorni dopo l’episodio. Il primo impulso sarà di prendervela con voi stessi per aver notato solo molto dopo ciò di cui “avreste dovuto” essere consci in quel momento. Ciò è tuttavia indice di progresso, poiché fino ad allora potreste non essere mai stati consci della vostra reale reazione. Non ci avevate fatto caso perché ciechi. Una reazione tardiva è certamente un progresso rispetto all’assenza di reazioni coscienti. Anche in questo caso, solo se accetterete la vostra imperfezione - cioè di non poter subito essere del tutto consci - potrete gioire del vostro processo di crescita e un po’ alla volta ridurre l’intervallo tra un episodio e la presa di coscienza della vostra reazione. Affinché i due fattori si sincronizzino occorre andar per gradi. Quella cecità potrà progressivamente svanire solo prendendo atto che il più delle volte si è ciechi rispetto alle proprie reazioni. E man mano che siete più consci di ciò che sta realmente accadendo in voi, diverrete consci del perfezionismo inconscio residuo che vi rende impossibile accettare gli altri, voi stessi, le relazioni e la vita per ciò che sono. Pertanto non potete gestire nessuna situazione reale e non fate che peggiorarla. Così rendete impossibile derivare gioia da una situazione imperfetta, che si tratti di una relazione o del vostro stato interiore, di cui avreste potuto altrimenti godere.

  34. DOMANDA: Se provi un sentimento aggressivo che non ti piace, ma che è molto forte, il buon senso dice che non dovresti sentirti in quel modo. Con la mente capisci che magari anche la persona con cui sei irritato ha dei problemi, ma questo non aiuta. Come fare?

  35. RISPOSTA: Per prima cosa devi realizzare che non puoi ancora sentirti diversamente. Qui entra in gioco il perfezionismo, poiché qualcosa in te dice: “Non dovrei provare quei sentimenti di aggressività. Dovrei ben sapere che si comporta così perché ha dei problemi irrisolti.” Anche se le cose stessero così, lì c’è racchiuso il “non dovrei” dei perfezionisti. Tuttavia, se dici a te stesso: “Non posso che sentirmi in questo modo perché brancolo nel buio e io, come essere umano, brancolo spesso nel buio. Non conosco tante risposte. Non capisco gli altri”, allora sei nella verità. Ma poiché in qualche modo tutti voi pensate: “Dovrei capire tutti e tutti dovrebbero capire me, e dovrei conoscere tutte le risposte sulla mia vita e le mie relazioni umane personali”, esprimete proprio l’atteggiamento che rende tutto tanto difficile. Solo se accettate i vostri limiti umani aggressività e ostilità svaniranno perché sotto sotto scoprirete e prenderete atto di sentirvi feriti, rifiutati. La vergogna e la paura di tali emozioni vi fanno sovrapporre i sentimenti duri e assai più sgradevoli dell’aggressività. Una volta presa coscienza del dolore, che è un elemento più genuino, sarà più facile affrontare i vostri sentimenti, e presto il dolore si dissolverà e darà spazio a sentimenti ancor più genuini e più vicini al vostro vero io. Ma innanzitutto devi accettare i tuoi limiti umani; rinuncia all’aspettativa che tu, come anche gli altri, dovreste sempre capire e sapere. Se riesci ad ammettere di brancolare nel buio, potresti essere in grado di individuare nella tua mente ciò che non ti è chiaro. Accetta che la tua mancanza di chiarezza possa perdurare o che potrebbe addirittura risolversi da sola per il solo fatto che la resistenza che le opponevi è svanita. Accetta anche la tua aggressività residua chiedendoti se non sia una distorsione del dolore. E poi ammetti il tuo dolore. In questo modo potresti trovare la risposta molto prima che attraverso la pulsione contratta e compulsiva che ti dice che “non dovresti più provare aggressività”. Capisci?

  36. INTERLOCUTORE: Sì.

  37. DOMANDA: Ma una gioiosa accettazione dell’assenza di perfezione non conduce forse a non ambire più a progredire?

  38. RISPOSTA: Niente affatto. Ne ho già parlato in questa lezione, e credo in modo piuttosto ampio. Rileggendo la trascrizione capirai. Fatemelo ripetere: serve un distinguo tra perfezione e crescita. Se volete crescere, e se capite che potete farlo solo un passo per volta, pur essendo ancora lontanissimi dalla perfezione è impossibile segnare il passo. Accettare l’imperfezione non è restare statici, bensì sapere che in questa vita non sarete mai perfetti, pur desiderando con tutto il cuore di crescere e cambiare dove possibile. Questa è una differenza netta. Come dicevo, questo è l’unico modo in cui poter crescere. Ma il perfezionismo dà una tale tensione e induce un tale scoraggiamento, rigidità e finzione che crescere diventa impossibile. Ne sapete già qualcosa. Ovunque abbiate trovato la vostra autoimmagine idealizzata e le sue richieste tiranniche nei vostri confronti, i suoi ‘dovresti’ e i suoi ‘devi’, adesso potete constatare come lì, dove l’immagine vi aveva governato, voi non siete cresciuti. Siete cresciuti solo lì dove il sé idealizzato non vi regolamentava. Il perfezionismo porta a finzione e rigidità - e ciò esclude la crescita e lo sviluppo, nonché il cambiamento. Solo quando sarete rilassati riguardo alle vostre imperfezioni senza che dobbiate fingere per occultarle, solo allora crescerete, solo allora il terreno sarà fertile per la crescita.

  39. DOMANDA: Avrei una domanda sullo stesso tema. Per distinguere tra orientamento alla meta e compulsione, come rientra questa nel circolo di orgoglio, volontà egoica e paura?

  40. RISPOSTA: Dove c’è il perfezionismo che ostacola la crescita anziché favorirla ci sono anche orgoglio, volontà egoica e paura. C’è l’orgoglio di volere e dovere essere perfetti. E dato che una vostra parte sa che non siete perfetti, voi fingete. Ve lo ribadisco: questo non riguarda l’intero vostro essere. Magari per molti aspetti siete assolutamente rilassati e liberi e non fingete. Ma per altri, a livello emotivo o razionale, sentite di non poter ammettere alcune cose. Quella che potrebbe sembrarvi un’imperfezione potrebbe non apparire tale a qualcun altro, e viceversa. Potreste forse provare vergogna a non avere sempre successo in alcuni ambiti della vita e dunque fingete che non ve ne importi nulla, mentre in altri non fingete. La finzione non è una gretta falsificazione esteriore, ma una tensione interiore molto più sottile. Il rifiuto o il fallimento potrebbero soggettivamente costituire un’imperfezione di cui provate vergogna - e se c’è vergogna c’è finzione. Tutto questo implica un fiero orgoglio.

  41. La volontà egoica dice: “Devo già essere perfetto”. Dato che si sa benissimo che non è così, si cerca perlomeno di aderire a una perfezione di superficie - ma anche questo è fingere. Orgoglio e volontà egoica inducono a fingere. O, detta in altro modo, allontanano dalla verità. Tutto ciò è talmente sottile che è quasi impossibile da comprendere se non si vive il Sentiero e non si incontrano aree delle proprie emozioni prima nascoste alla vista e alla consapevolezza. Se non vi prefiggete l’obiettivo di scoprirle e non vi coinvolgete nel processo di scoperta di voi stessi, le mie parole non vi diranno più di tanto. O forse vi diranno qualcosa lì per lì, ma ve ne scordate l’istante successivo. Questo accade persino a voi che siete impegnati nel Sentiero.

  42. La paura si presenta in doppia veste. Da un lato quando temete che “Se non sono perfetto sarò infelice o verrò criticato, o non amato”. O la paura è che “Se l’altra persona è imperfetta, mi impedirà di essere felice”. Cercate di allontanare questa paura costante attraverso la volontà egoica e l’orgoglio della finzione. La seconda paura è altamente velenosa: è la paura di rivelare di non essere perfetti come pensate di dover essere, che la vostra finzione possa essere smascherata. Per non farvi smascherare investite preziose energie e forze animiche nella sovrastruttura che però vi impoverisce la vita e la capacità di provare sentimenti reali, e che ha bisogno di soppressione e autoinganno.

  43. DOMANDA: In una lezione precedente parlavi di reazioni secondarie e primarie. Ho ragione nel ritenere che le secondarie sono quelle che derivano dalla manipolazione delle emozioni, mentre le reazioni primarie provengono dal sé reale?

  44. RISPOSTA: Sì, ma non è proprio la stessa cosa, in quanto ora siamo a un livello molto più profondo. Le reazioni secondarie sono l’esito di ciò di cui abbiamo parlato stasera: sono l’effetto della causa in questione. Ora nel lavoro siamo a un livello in cui iniziamo a vedere le cause, mentre prima eravamo più concentrati sugli effetti. Ma hai ragione a vedere il collegamento. Vedete, le reazioni secondarie, o l’assenza delle primarie, sono dovute all’inibizione, alla mancanza di spontaneità - e questa è dovuta alla manipolazione.

  45. DOMANDA: Vorrei chiedere una cosa molto delicata, per me assai difficile da spiegare. Dopo un prolungato periodo di depressione profonda ho scoperto di aver fallito in tutto ciò che mi ero prefisso. Dopo averlo capito, e aver anche capito quello di cui parlavi - il mio complesso di perfezionismo - avevo infine accettato i miei errori. Mi ci era voluto molto tempo, ma era giunto il momento di affrontare i miei fallimenti, e all’inizio non ne ero contento. Dopo qualche giorno avevo accettato fallimenti, errori e tutto il resto. Per me furono una meravigliosa rivelazione e un gran sollievo. Non so come, in qualche modo la cosa proseguì. A volte ho la sensazione che il mio cuore pianga ancora per quello che ho perso. Inoltre non so se lo sto nascondendo, o se è reale oppure no.

  46. RISPOSTA: Sì, hai fatto un passo notevole ma non hai continuato. Sei rimasto lì e non hai visto il seguito. Spero che lo vedrai, ché se anche te lo dicessi - come già sai per esperienza passata - non ti aiuterebbe molto se tu non lo scopri per conto tuo. Tuttavia te lo dirò. Vedi, i fallimenti vengono amplificati perché tendi ad avere emozioni esagerate. Sarebbe importante se potessi indagare su questo fatto e diventare consapevole che le cose stanno in questo modo e perché. Vedo grande esagerazione circa il totale fallimento di tutto quel che volevi. Alcune cose che tu desideravi le hai ottenute, dunque non le devi considerare dei fallimenti. Tu vedi solo ciò che desideravi e che non hai conseguito, ma ti dimentichi di ciò che volevi e che hai poi ottenuto.

  47. Ma c’è anche un altro responsabile della tua attuale incertezza. Analizza le motivazioni - sia sane che malsane - e chiediti perché hai desiderato ciò in cui hai fallito. All’apparenza potrebbe sembrare ovvio, eppure non è così semplice. Troverai un curioso mix di sano e malsano. Scoprirai che, in parte, le tue motivazioni nel volere qualcosa di per sé perfettamente legittimo erano governate da ragioni sovrapposte e immature, da grucce, e non dalla realtà del tuo essere. D’altro canto scoprirai che le motivazioni sane a cui non ti permettevi di dare seguito erano state accantonate a causa del tuo perfezionismo. Hai impedito il tuo sviluppo creativo solo a causa del tuo perfezionismo, così che sia le motivazioni sane, sia quelle malsane hanno concorso al tuo mancato appagamento o “fallimento”. Avevi scelto l’obiettivo per motivi parzialmente malsani, e poi hai impedito a te stesso di conseguirlo per motivi totalmente malsani. Potrebbe sembrare un paradosso, ma segui il mio ragionamento?

  48. INTERLOCUTORE: Al cento per cento! È proprio così!

  49. RISPOSTA: Ora, se esplori e analizzi tutto questo incontrerai delle nuove prospettive e scoprirai, contrariamente alle tue emozioni attuali, che non è mai troppo tardi. Gli stessi fattori, se traslati verso correnti benefiche, possono comunque conferirti appagamento - magari non esattamente nello stesso modo, ma di certo mai in misura inferiore. Adesso lo sai a livello razionale, ma emotivamente ancora non lo accetti. Non sarai in grado di accettarlo finché non capirai fino in fondo ciò che ti sto indicando.

  50. INTERLOCUTORE: Sì, capisco benissimo.

  51. DOMANDA: Ci parlavi del sé reale e della nostra realizzazione, della nostra vicinanza a Dio. Che ci dici riguardo a una persona che compie progressi nel Sentiero meramente svolgendo il proprio lavoro? Parlo del fabbro: non so quanto a fondo lui debba sondare. Fa degli ottimi ferri di cavallo. C’è un velo di tristezza nella sua vita ma sembra tranquillo. O il fratello Lawrence della cucina. Il chirurgo potrebbe tornare a casa e dire: "Ho saltato un punto", ma ha salvato una vita, ha fatto un buon lavoro. È proprio necessario portare avanti questa ricerca alquanto profonda e impegnativa del subconscio, quando si sente che si sta già compiendo l’opera di Dio e ci si sente appagati a quel livello?

  52. RISPOSTA: L’entità umana è un essere profondo, complicato e complesso. Pertanto per essere indivisi e unificati serve un processo, un metodo per arrivare a quei livelli. È certo possibile che qualcuno trovi appagamento in un certo modo, mentre un altro aspetto del suo essere è in attesa di un dispiegarsi e di una crescita non conseguibili solo facendo un buon lavoro. Eppure diverse persone di questa terra potrebbero non essere mature spiritualmente quanto basta per un’indagine così profonda. Inconsapevoli del loro sentire più intimo, fanno quel che possono nel lavoro e per risolvere al meglio i problemi quotidiani. D’altro canto esistono individui assai maturi sia spiritualmente che emotivamente che a modo loro seguono un percorso che, seppur all’apparenza diverso nel metodo e nell’organizzazione, porta agli stessi risultati. Ma chi si trova in una via di mezzo deve prendere atto di ciò che accade nei livelli profondi, macchinosi e complessi della sua anima per raggiungere il massimo sviluppo in ogni ambito della personalità, e non solo in uno-due aspetti della vita. Per questo è necessaria una forma di aiuto, un metodo organizzato, giacché lavorando per conto proprio si è troppo coinvolti per avere una chiara visione. L’eccessiva enfasi sugli aspetti della personalità che funzionano senza intoppi potrebbe indurre una persona a trascurare ciò che non è ancora in ordine o che potrebbe essere fatto emergere.

  53. Tuttavia non si dovrebbe mai approcciare il lavoro con lo spirito di “È Dio che me lo chiede”, ché allora sarebbe compulsivo e denoterebbe, da qualche parte nella psiche, un approccio erroneo a Dio, alla legge universale e al sé. Né lo si dovrebbe fare con lo spirito di adempiere a un dovere sovrapposto. Più crescerete nella vita e dentro di voi, più vi accorgerete che vorrete farlo per vivere una vita più piena e felice, e per donare più felicità. Vorrete superare la riluttanza ad affrontare ciò che sospettate ci sia ma che vorreste non ci fosse. Non tanto per necessità, ma per ricavare dalla vita un’esperienza migliore, più piena e rilevante sotto qualsiasi aspetto - non solo quello del lavoro. Arrivare a conoscere la propria mente inconscia non è qualcosa di tanto estraneo all’anima e al proprio essere. Al contrario! In ultima analisi non è possibile perseguire una piena crescita spirituale senza l’aiuto della psicoanalisi o di una ricerca del sé di altro genere. Non v’è separazione tra la vita spirituale e i processi psicologici, dalla prospettiva di voler vedere la verità in voi stessi. È davvero semplice, anche se certo non facile. Le buone azioni vanno bene, ma si arriva a un punto nel proprio sviluppo in cui è in gioco qualcosa di più delle azioni buone, gentili e utili, o del far bene il proprio lavoro.

  54. INTERLOCUTORE: Grazie.

  55. Siate tutti benedetti! Proseguite nel lavoro e crescete un passo per volta, poiché è questa la gloria della vostra vita. Non è compiere un dovere, ma imparare a stare nella gioia e a infonderla nella vostra vita imperfetta, nelle vostre imperfette relazioni. Siate benedetti, amici miei. Siate in pace. Siate in Dio.

Testo originale: Pathwork Guide Lecture No. 97 - Perfectionism Obstructs Happiness - Manipulation of Emotions
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