Lez. 82 - La conquista della dualità simboleggiata dalla vita e morte di Gesù
Lezione della Guida del Sentiero - Pathwork Guide Lecture
31 marzo 1961
Traduzione in italiano di Simona Fossa
Revisione non ancora effettuata
Edizione Novembre 2021
- Saluti, miei cari amici. Dio benedica ognuno di voi. Benedetta sia quest’ora. La lezione di oggi è una continuazione e un approfondimento dell’ultima lezione "Conflitti nel mondo della dualità".
- Questa giornata, molto appropriatamente, commemora un evento molto importante nella vostra storia umana, che è strettamente legato alla dualità, argomento della mia ultima lezione. In questo giorno, il Venerdì Santo, Gesù Cristo ha portato la sua vita al culmine della più grande sofferenza e della più grande gioia. Questo non solo in senso spirituale astratto o remoto, ma anche in senso molto umano e concreto. La sofferenza e la gioia, il piacere e il dolore sono dualità che, in ultima analisi, non sono altro che suddivisioni della grande dualità: la vita e la morte, e mai la vita o la morte.
- Un insegnamento spirituale, spesso frainteso, dice che bisogna elevarsi al di sopra del piacere e del dolore. Questo è naturalmente vero nel senso ultimo del termine. Tuttavia, non può nascere dalla fuga dalla dualità quando essa è dura. La trascendenza del piacere e del dolore avviene solamente se la dualità è pienamente accettata e affrontata: la vita e la morte. Chi fraintende il significato di elevarsi al di sopra del piacere e del dolore lo fa perché in realtà vuole evitare, piuttosto che passare attraverso quelle profonde esperienze.
- Tuttavia, si può vivere veramente solo quando si accetta la morte nella sua aperta nudità, senza sfuggirla; solo allora ci si accorge che non c’è la morte e non c’è nessuna dualità. Questo lo accetterete, non grazie ad una fede consolante a cui ci si aggrappa per paura e debolezza, ma come esperienza concreta. E potrete sentire tutto questo nelle questioni ultime e infinitamente grandi, solo quando imparerete a viverle per prima cosa nelle vostre piccole "morti" quotidiane. Quando la vostra volontà non si compie e voi rabbrividite di fronte alla sofferenza in modo non sano, rendete questa tragica dualità molto più grande. Rifiutate la morte e, quindi, in senso ultimo, rifiutate la vita.
- La fuga dalla morte e dalla sofferenza provoca, spesso inavvertitamente, anche la fuga dalla vita e dal piacere. Per quanto si possa lottare per una gioiosa partecipazione alla vita e al piacere, quando si evita di affrontare e incontrare la morte e la sofferenza, più o meno consapevolmente, la fuga sarà anche una fuga dalla vita e dal piacere. La verità è che queste due fughe vanno sempre di pari passo, e questo naturalmente ha un effetto molto dannoso sull’anima.
- Il detto di Gesù: "Diventate come bambini" presenta più significati su molti livelli. Uno di questi è che i bambini sono vivi, e vivono molto intensamente. Tutte le loro facoltà e i loro sensi sono nuovi e freschi, e ogni esperienza di vita, a qualsiasi livello del loro essere, è molto più intensa delle impressioni, delle reazioni e delle esperienze dell’adulto. Questo è un bene, perché l’anima che attraversa la vita rifiutandone l’esperienza con tutti i suoi significati, mortifica la sua facoltà di vivere. È molto meglio per lo sviluppo e la crescita di un’entità passare attraverso molte altezze e profondità che costruire una falsa serenità che solo raramente è un vero distacco. Il distacco si raggiunge solo dopo aver accettato tutto ciò che la vita ha da offrire, compresa la morte. Alcuni credono di essere arrivati a una vera e propria accettazione, quando in realtà rifiutano ogni dolore e sofferenza, e quindi anche il piacere e la gioia. Queste persone scopriranno ad un certo punto della loro evoluzione, sia in questa vita che in quella successiva, che devono ritornare indietro al punto in cui sono fuggiti dall’esperienza dell’anima, così che l’esperienza evitata possa essere appresa, attraversandola pienamente.
- Solo chi ha attraversato la tanto temuta esperienza, raggiungerà la vera serenità. L’anima la cui serenità non è reale, o è coltivata solo artificialmente, è molto meno sviluppata di quella di chi ha il coraggio di non fuggire dalle esperienze della vita. Ma spesso accade che il primo creda di essere al di sopra del secondo, che disprezza per i suoi alti e bassi. Questi alti e bassi indicano di certo che queste persone sono ancora profondamente coinvolte nell’illusione degli opposti e della dualità; tuttavia, incontrano l’illusione e se ne fanno carico, il che è onesto e favorisce la crescita.
- Il coraggio e l’onestà sono forse le risorse più importanti per lo sviluppo di una persona. Se affrontate la vostra sofferenza e la vostra gioia, crescerete. La persona che si sottrae alla sofferenza - negandola, non affrontandola mai, e temendola irrazionalmente al di là delle sue vere proporzioni - ha altrettanta paura della felicità e dell’appagamento.
- Qualche volta in passato ho accennato alla paura della felicità e dell’appagamento. Da allora, molti dei miei amici hanno scoperto che questa paura è reale. Quando la felicità è lontana e apparentemente irraggiungibile, la si può tranquillamente desiderare. Tuttavia, se vi osservate da vicino, vedrete che quando vi avvicinate ad essa, ne soffrite, così come soffrite per la sofferenza. E poiché la sofferenza e il dolore, o la morte e la vita, sono collegati e sono in realtà una cosa sola, la vostra felicità e il vostro piacere sono anche collegati al vostro atteggiamento verso la morte e la sofferenza. Così, come accettate l’uno, così accettate anche l’altro. E come vi innalzate e crescete attraverso l’uno, così vi innalzate e crescete anche attraverso l’altro.
- Il vostro atteggiamento verso la sofferenza determina se la vostra anima ne trae beneficio durante l’esperienza, o lo farà solo molto più tardi. Anche un atteggiamento cieco e ribelle verso la sofferenza finirà per giovare all’anima, ed è sempre meglio di una fuga dalla sofferenza, paralizzando e mortificando la capacità di sentire e di sperimentare. Tuttavia, un atteggiamento cieco e inconsapevole nei confronti della sofferenza vi farà soffrire più a lungo del necessario; il processo di crescita può iniziare solo quando la vostra coscienza ha imparato a non evitarla. Al contrario, un atteggiamento sano che mantiene in sé la consapevolezza conseguirà la liberazione e una crescita immediata. Ciò che prima vi faceva soffrire cessa di essere un elemento di dolore nell’istante stesso in cui riconoscete la lezione che può insegnarvi.
- Ciò non implica in alcun modo che si debba deliberatamente scegliere la sofferenza e rifiutare la felicità nella falsa convinzione che il piacere e la gioia sono contrari alla volontà di Dio. Molte religioni insegnano questo errore. Il sano modo di affrontare la sofferenza è forse la chiave più importante della vita. Se la incontrate apertamente e con tutto il cuore, disposti ad imparare da essa, mantenendo intatte la vostra ragione e tutte le vostre facoltà - sebbene emotivamente possiate trovarvi immersi nell’oscurità, nella ribellione, nella paura e nell’autocommiserazione - come risultato troverete la felicità nella misura in cui siete cresciuti grazie alla sofferenza che avete attraversato. Se la sofferenza indebolisce la vostra anima, altra sofferenza - forse in forma diversa - dovrà seguirne fino a quando non permetterete più che la vostra anima venga indebolita da essa. Allora tutta la vostra personalità sarà ravvivata da una maggiore consapevolezza di sé.
- In preda ad una particolare confusione, si combatte lo spirito che si dedica alla crescita nel suo approccio alla sofferenza. Molte persone consapevoli di sé capiscono che la sofferenza è stata creata da loro. Se siete consapevoli di questo, sia vagamente che completamente, vi agitate ogni volta che la sofferenza arriva, se non altro per la frustrazione di non sapere immediatamente con quale particolare atteggiamento o azione l’avete creata. Il fatto di non saperlo vi fa temere che da questa causa sconosciuta possa sorgere altra sofferenza. Poiché siete, consciamente o inconsciamente, impazienti di scoprirlo, sabotate tutti i vostri tentativi di capire come l’avete creata. Ciò che viene fatto con impazienza, fretta, frustrazione o paura rallenta inevitabilmente il processo attivo. Coloro che credono che Dio abbia causato la loro sofferenza, che sono costretti ad accettare senza comprenderne la ragione, spesso se la cavano meglio. Con molta probabilità non riescono a scoprire le cause di fondo da loro create - e questo è un peccato perché anche questa ricerca va fatta - ma il loro atteggiamento è molto più rilassato e aperto. Tuttavia, la convinzione che Dio crei la sofferenza è alimentata da un passivo fatalismo e porta alla logica conclusione che Dio sia crudele e sadico.
- Il modo migliore di affrontare la sofferenza combina lo spirito attivo della ricerca delle proprie cause interiori e nascoste con l’atteggiamento rilassato dell’accettare, per il momento, il dolore malaccetto, e di comprendere pienamente che lo stato di sconforto autocreato ha un valore terapeutico. Anche in questo caso è necessaria una giusta combinazione di sana attività e passività, contrapposta ad un misto di stati attivi e passivi distorti.
- Non si può risolvere veramente l’apparente mistero della sofferenza della vita se non si risolvono i propri problemi causati da un atteggiamento errato nei confronti della vita e della morte, del piacere e del dolore. Come potete soddisfare le condizioni della vita se non incontrate voi stessi faccia a faccia, nei vostri conflitti più intimi e nascosti, nei vostri atteggiamenti e nelle vostre convinzioni, e non comprendete il vero significato delle vostre reazioni? Ogni volta che vi sentite agitati, scoprite cosa volete e cosa temete. Andate al di sotto del ragionamento superficiale, dei desideri e delle paure superficiali, che in realtà non sono altro che un sintomo del vostro particolare modo di fuggire dalla morte e dalla sofferenza, e quindi dalla vita e dalla felicità.
- Iniziare ad affrontare i grandi problemi generali non vi porterà mai da nessuna parte. La vera crescita avviene solo quando affrontate le vostre reazioni quotidiane, apparentemente insignificanti, di desiderio e di paura. Solo allora imparerete il giusto atteggiamento verso la vita e la morte. Osservate come scappate dalla morte nelle piccole cose e come rifiutate la sofferenza nei minimi dettagli della vita, che potrebbero sembrare di per sé irrilevanti. Innanzitutto interrogatevi sulle questioni più banali e insignificanti che vi causano la minima disarmonia.
- Quando vi abituate ad interrogarvi e a chiedervi: "Perché voglio questo? Perché temo di non ottenerlo?" giungerete a quell’amore che tanto desiderate e alla paura di non ottenerlo. Quando fuggite dall’amore, temendo in ogni caso di non poterlo raggiungere, o di perderlo di nuovo, vi trovate intrappolati nell’atteggiamento sbagliato nei confronti della morte, che ho delineato nell’ultima lezione, e che si manifesta nel corteggiare la morte perché la si teme. In modo simile, rifiutate l’amore per paura di essere feriti, di non ottenerlo o di perderlo di nuovo. Voi cercate di convincervi che non volete l’amore. Lo stesso accade quando cercate di convincervi che non volete la vita, perché sapete che un giorno la vita nel corpo cesserà.
- Tutti i piccoli problemi conducono alla fine alla grande questione tra l’essere amati e il non essere amati, e quindi alla vita versus la morte. Quando, per paura di non ottenere ciò che si vuole veramente, si sceglie ciò che non si vuole, si crea una condizione dannosa e mortificante per la propria anima. È dannosa perché non riconoscete onestamente che volete l’amore e la vita e che temete veramente di non ottenere né l’amore, né la vita eterna. Questa condizione è anche dannosa perché negate a voi stessi ciò che potreste realmente avere, anche se potrebbe non essere proprio esattamente così come lo desiderate. Potreste non avere il tipo di amore che desiderate - esclusivo, senza limiti, garantito, con l’assoluta certezza di non perderlo mai più. Ma poiché qualsiasi limitazione del vostro desiderio creerebbe un’insopportabile frustrazione, a causa della forte convinzione che il mancato appagamento sia insopportabile, preferite rinunciare del tutto all’amore che potreste avere. In questo modo, voi peggioriate la situazione. E allo stesso modo, il vostro desiderio di non morire mai vi fa rifiutare la vita.
- Tutte le vostre reazioni e i vostri problemi quotidiani possono essere ricondotti a questi problemi di base. Pertanto queste questioni di base avranno per voi un significato e un’applicazione personale. Questo è il passo importante che dovete fare durante il vostro sviluppo.
- La cosa più importante a questo proposito è che così spesso non siete consapevoli del fatto che ciò che si teme sono la morte e la sofferenza. Il rifiuto dell’amore significa entrambe le cose. Si scappa non solo dalla morte e dalla sofferenza, ma anche dalla paura di entrambe. E questo è ciò che dovreste scoprire per prima cosa. Solo allora potrete adottare un atteggiamento sano nei confronti della morte. Esternamente, potreste anche non essere consapevoli di questa paura, ma nel profondo essa è ancora presente, anche se forse solo in minima parte. Affrontate in voi stessi quel luogo in cui avete ancora paura. Diventatene consapevoli, e allora potrete imparare a morire - e quindi a vivere! Quando prenderete coscienza della vostra vera paura della morte, sotto qualsiasi forma - la stessa morte fisica o un evento negativo - libererete la forza vitale che è in voi, che vi rinvigorirà per essere in grado di incontrare tranquillamente ciò che temete.
- La vita di Gesù Cristo simboleggia questa verità millenaria in modo meraviglioso. Essa era già conosciuta da tutti i saggi e dai grandi cercatori della verità di tutti i tempi. È inoltre rappresentata in molte filosofie, religioni e miti. Attraverso Gesù Cristo questa verità è stata simboleggiata nella sua vita e nella sua morte, perché Gesù ha incontrato la sua morte proprio con lo stesso spirito che vi ho descritto qui.
- Molti dei detti e dei discorsi di Gesù non sono stati trascritti e trasmessi ai posteri, specialmente quelli non compresi dalla gente perché, a causa della limitata comprensione dell’umanità, sembravano contraddire altri suoi insegnamenti. Non è una mera coincidenza, tuttavia, che il suo ultimo discorso sia stato trascritto e trasmesso all’umanità, nonostante sembrasse così grossolanamente in contraddizione con ciò che la gente credeva e voleva vedere in Gesù Cristo. Le ultime parole di Gesù sulla croce esprimevano il suo dubbio e il suo timore di essere stato abbandonato da Dio. Questo ha sconcertato molti. Come poteva quel grande spirito dubitare e temere? L’illusione e l’idealizzazione umana avrebbe preferito che Gesù morisse in una gloria di fede senza i dubbi e le paure umane, che egli ha espresso nell’ora del culmine della sua sofferenza. Era molto importante che questa affermazione fosse trasmessa all’umanità. Poiché ogni singolo aspetto della vita e della morte di Gesù ha un profondo significato simbolico per i problemi personali dell’umanità, anche questo discorso deve avere un significato. Può essere pienamente compreso solo se si coglie il significato di questa lezione e di quella precedente.
- Nella sua ultima ora, Gesù ha dimenticato tutto ciò che sapeva, tutte le rivelazioni e le intuizioni che aveva acquisito. Non è forse successo a tutti voi, in qualche modo, nei momenti di depressione e di ansia, che anche se la vostra memoria ha conservato tutto ciò che avevate imparato e conosciuto, non eravate più in possesso di questa conoscenza? La vostra anima si trovava in una notte oscura di incredulità e di dubbio. Ingannarsi su questo stato d’animo e non riconoscere ciò che si è provato realmente non è la soluzione giusta. Sentirsi colpevoli e orgogliosi quando si pensa, "io non dovrei sentire e pensare in questo modo", porta solo a un autoinganno che ritarda l’uscita dalla vostra oscurità.
- Gesù lo ha illustrato in modo molto chiaro. Anche lui, il più grande di tutti gli spiriti creati, era in dubbio. Anche lui, per un momento, aveva smarrito la fede. Ma l’ha riconosciuto e non l’ha nascosto né a se stesso, né agli altri. Che cosa significa questo? Questa è la paura nuda e cruda dell’ignoto - la morte - e l’estrema sofferenza del dolore fisico, mentale e spirituale. Gesù l’ha incontrata onestamente, senza finzioni, senza falsità, senza ingannare chi aveva fede in lui. Era sincero con se stesso e quindi con tutti coloro che credevano in lui. È stato sincero anche nel suo ultimo momento di vita. Molti maestri spirituali, o autorità, esiterebbero ad ammettere momenti di paura e di dubbio, si vergognerebbero e avrebbero paura di perdere la faccia davanti ai discepoli.
- Questa paura di base è spesso razionalizzata da spiegazioni "accettabili". L’insegnante può giustificare questa falsità con l’atteggiamento apparentemente lodevole che non vuole deludere o indebolire i suoi discepoli. In realtà è la mancanza di sincerità a deludere gli altri. La sincerità di Gesù non aveva deluso nessuno, anche se non riuscivano a capire come fosse possibile che il maestro avesse sperimentato il dubbio nell’ora della morte. La maggior parte di loro non sapeva che proprio in questo dubbio e nella paura vi era un’indicazione e una lezione importante per tutti. Ma anche se non lo capivano coscientemente, interiormente si sentivano più forti che mai, perché la verità va direttamente al cuore e all’anima, anche se a volte scavalca il cervello.
- Quando le spiegazioni razionali non oscurano ciò che il cuore e l’anima percepiscono, e la personalità permette all’intuizione di funzionare nonostante considerazioni intellettuali apparentemente contraddittorie, la persona è in possesso di una profonda purezza e innocenza che non ha nulla a che fare con le parole "innocenza" e "purezza" come vengono usate dai religiosi bigotti. La persona che ha questa innocenza e purezza adotta l’atteggiamento del bambino consigliato da Gesù.
- Il consiglio di Gesù di diventare come bambini mette in risalto la loro volontà di vivere intensamente la vita. I discepoli di Gesù hanno questa qualità, anche loro vivono pienamente la loro vita. E Gesù Cristo lo ha dimostrato ampiamente sia nella sua vita che nella sua morte. Egli ha vissuto la sua sofferenza fino in fondo, senza restrizioni, senza vergogna nell’ammettere il suo dubbio e la sua paura, il suo dolore e la sua vulnerabilità. Solo chi ha questa grande apertura del bambino può provare la vera gioia. Questo lo ha dimostrato non solo durante la sua vita, ma anche con la sua riapparizione nello spirito - ma di questo si è registrato ben poco.
- Anche in questo caso, come spesso accade, questo fattore è stato frainteso, o almeno non è stato pienamente compreso. Anche coloro che comprendono che la risurrezione e l’apparizione di Gesù indicano la continuazione della vita spirituale non si spingono abbastanza lontano nel comprendere questo fenomeno da un punto di vista mondano. Pensano semplicemente che Gesù abbia mostrato solo che la vita continua, e questo è tutto. Questo fenomeno non voleva dimostrare solo che la vita continua nello spirito. Significherà qualcosa di più per voi qui e ora, mentre siete ancora in questa incarnazione. Se Gesù Cristo nella sua ora di disperazione ha dimenticato ciò che conosceva, è ancora più certo che altre persone faranno lo stesso quando attraverseranno le loro difficoltà. La convinzione razionale non può fare molto in questi momenti; Gesù lo sapeva meglio di chiunque altro.
- La riapparizione di Gesù non poteva che essere poco più che una teoria per chi non era presente, e anche per le generazioni successive, se non avesse avuto un significato più profondo. La sua riapparizione afferma chiaramente: "Dopo aver incontrato pienamente il mio calvario, senza pretese e autoinganni, dopo averlo vissuto fino in fondo, ora vivo nel senso pieno della parola. Anche voi potete farlo. Non dovete aspettare la morte fisica, perché morirete molte morti ogni giorno, in tutti i vostri piccoli calvari e le vostre lotte quotidiane. Il modo in cui le affrontate determina la vita successiva e la pienezza della gioia che può essere vostra. Se affrontate queste prove e queste lotte in un simile spirito di verità, vivrete la vita e la gioia mentre siete ancora nel corpo". Questo è il messaggio, il senso ultimo della sua riapparizione, a parte tutti gli altri significati. Ecco il più grande simbolismo vivente mai manifestatosi fino ad allora.
- La vita sulla terra è un simbolo della realtà, e non viceversa. E così è anche per la vita e la morte di Gesù. Queste hanno un significato molto più grande rispetto ad una normale lezione sulla storia dell’evoluzione, sulla vita dopo la morte e sulla promessa dopo la morte. Per scoprire cosa significa veramente tutto questo non bisogna aspettare il momento in cui lasciate il vostro corpo terreno. Tutti i giorni vi si presentano delle opportunità. Credere adesso in una vita dopo la morte non ha una grande importanza. Ogni giorno offre a tutti, a prescindere da ciò in cui crede o meno, l’opportunità di trarre il meglio dalla vita, realizzando ciò che è la piccola "morte" quotidiana, attraversandola, e imparando così a discriminare tra ciò che è inevitabile e ciò che non lo è. Se incontrate ciò che è inevitabile - la morte fisica come anche i frutti dei propri errori passati - con uno spirito di rilassata passività, mentre allo stesso tempo desiderate crescere ed imparare dall’esperienza, riconoscerete dove e in che modo scegliete quelle difficoltà che sarebbero altrimenti evitabili. Più le scegliete, più invitate e corteggiate gli estremi opposti che sarebbe meglio evitare.
- Solo con una ricerca di sé molto personale si può determinare bene come si reagisce sia a ciò che è inevitabile che a ciò che non lo è. Questa domanda pone un problema simile a quella dell’indipendenza e dell’interdipendenza. Solo tramite un’analisi molto personale ognuno può trovare la sua risposta. Non c’è altro modo, non ci sono regole generali a cui ci si possa rigidamente attenere.
- Ricapitolando: poiché l’isolamento e la solitudine hanno origine da uno stato di dipendenza non riconosciuta, in contrapposizione alla sana interdipendenza che deriva dall’affidarsi al sé interiore, così è anche con l’aspetto dell’inevitabilità. Scappando da ciò che è inevitabile, si va incontro ad ostacoli evitabili. Voi avete così tanta paura delle difficoltà inevitabili che vi attirate altre difficoltà. Trovate questo schema e scoprirete sicuramente che il problema inevitabile cessa dopo averlo riconosciuto e attraversato.
- E ora, avete domande?
- DOMANDA: Come può una difficoltà non essere un’avversità? Prendiamo la tortura, per esempio. Non ho paura della morte, ma dell’agonia nel morire.
- RISPOSTA: Finché uno non l’ha attraversato, essa è una sofferenza. Non ci si aspetta che tu dica a te stesso l’opposto. E anzi è proprio il contrario, negare la propria paura sarebbe una forma di fuga o di negazione della morte e, quindi, della vita. Solo chi ha vissuto la morte ha la certezza che non c’è la morte. Per scoprirlo, bisogna attraversarla. Anche i gradi inferiori della morte, come tutte le forme di sofferenza, devono prima essere vissute per scoprire che non sono quegli aspetti estremi della morte e della sofferenza come si temeva. Spesso non sono affatto così dolorose o annientanti.
- Troverete molti esempi di questo se guardate alla vostra vita. Quando passate in rassegna alcune delle vostre esperienze, vi accorgerete che ciò che vi preoccupava e che vi sembrava sproporzionatamente orribile, una volta superato ha smesso di essere così terribile. In definitiva, non ne siete stati toccati, se non in senso positivo, perché l’esperienza vi ha fatto crescere. Si è aggiunta a tutta la vostra personalità, non solo al vostro processo mentale, ma anche alla vostra vita emotiva. Se vi interrogate in modo sincero, guardandovi indietro potete ammettere che l’esperienza non è più un orrore. L’orrore, quindi, deve essere stato irreale, perché una realtà è permanente e immutabile. Solo un’illusione perde intensità con il passare del tempo.
- Eppure, finché vivete cose irreali come se fossero una realtà, il rimedio non sta nel convincervi a non farlo. Cercare di evitare l’inevitabile è inutile; ciò che aiuta veramente è riconoscere la propria paura e la propria sofferenza, e rilassarsi in essa. Non potete evitare l’illusione della sofferenza dicendo a voi stessi che è un’illusione; per voi è reale, e quindi dovete attraversarla. Rimanete sempre consapevoli della vostra conoscenza teorica, senza però forzarla sulla vostra reazione emotiva. Lasciate che entrambi esistano liberamente, fianco a fianco, mentre osservate i vostri pensieri ed emozioni. Questo vi può rendere più facile passare attraverso la sofferenza e provarla realmente. Perché solo un ingresso a cuore aperto nell’esperienza della vita, con tutte le sue componenti, vi aiuterà ad elevarvi al di sopra delle dualità.
- DOMANDA: Hai detto che si può tradire solo con la menzogna, e non in altro modo. Potresti spiegarlo un po’ meglio, per favore?
- RISPOSTA: Quando uso la parola verità, non intendo le piccole verità che la gente spesso esprime in modo sconsiderato e crudele, che non hanno nulla a che vedere con la verità. A volte la grande verità non contraddice la piccola verità. La piccola verità, tuttavia, può essere in contrasto con la grande verità. Qui non c’è una regola su cui ci si possa appoggiare. Come nel caso della verità, ogni caso vale per se stessa. È necessario saper distinguere e riflettere attivamente fino in fondo, per capire quando una piccola verità corrisponde alla grande verità, o quando non vi corrisponde.
- Le motivazioni personali forniscono la vera risposta a questa domanda. Se si è onesti con se stessi, si può facilmente percepire che le piccole verità dolorose nascono da un senso di colpa o da una debolezza, che si tratti di orgoglio, vanità, volontà, ribellione, insicurezza, frustrazione o altro. Ma anche se questi motivi sono celati da ragioni più valide, ciò non elimina l’esistenza della corrente di fondo, che è quella che produce il risultato. Ma quando si è sinceri con se stessi, non si può, in ultima analisi, tradire nessuno. Raggiungere questa sincerità con se stessi è, dopo tutto, l’obiettivo della ricerca di sé su questo cammino.
- DOMANDA: Vorrei sapere cosa ne pensi dell’enfasi che la Chiesa pone sulla risurrezione corporea di Gesù Cristo.
- RISPOSTA: Qui vi sono coinvolti due aspetti, uno dei quali l’ho già descritto in passato. Sul primo aspetto ripeto, brevemente, che si tratta di un malinteso che nasce dalla paura intrinseca della morte fisica. La gente vuole credere in una continuazione fisica della vita, pertanto, ha bisogno di interpretare la ricomparsa di Gesù Cristo come una resurrezione fisica.
- L’altro aspetto ha un significato molto più ampio e profondo. Contiene la saggezza e la verità più profonde, ma in forma simbolica. Questo simbolismo l’ho spiegato ampiamente nella lezione precedente. La risurrezione di Gesù Cristo insegna simbolicamente che se non si rifugge la paura della morte, della sofferenza e dell’ignoto, ma la si attraversa, si ottiene veramente la vita nel suo senso più profondo, anche mentre si è ancora nel corpo. La vita pura e integra si può raggiungere solo quando si incontra la morte. Usando la parola "pura" non suggerisco ciò che generalmente si intende per purezza: uno stato insipido che rifiuta il corpo. Il corpo è parte dello spirito, e lo spirito parte del corpo. Entrambi formano un tutt’uno. Per questo Gesù Cristo è apparso come corpo umano, per mostrare che il corpo non è da respingere o negare. Se accettate la morte, risusciterete nella vita, ancora nel corpo, grazie alla forza vitale che vi farà veramente provare piacere e gioia, a tutti i livelli del vostro essere, compreso quello fisico. È chiaro?
- DOMANDA: Sì, ma quando affermi che questo pensiero è errato si potrebbe concludere che le parti del Vangelo che descrivono l’arrivo dei discepoli al sepolcro come una storia di promesse, sono del tutto false, non sono un resoconto dei fatti.
- RISPOSTA: No, per nulla. Quando Gesù apparve ai suoi discepoli, ai suoi cari, si verificò un fenomeno che è conosciuto da sempre e continuerà ad esserlo, in presenza di determinate condizioni. Nel vostro tempo e nella vostra era si chiama, credo, una materializzazione della sostanza dello spirito. È la condensazione della materia dello spirito, come tutta la vita fisica. Ma il fatto che ciò sia accaduto contiene un profondo significato filosofico e psicologico, che viene generalmente ignorato. Il significato è, come ho spiegato, che quando si incontra sia la vita che la morte, non si può morire. Allora si vive nel vero senso della parola. Quindi, ciò che i discepoli vedevano era reale, anche se la maggior parte di loro non capiva il significato e lo scopo dell’evento, anche se Gesù cercava di spiegarlo lì, come aveva spesso fatto prima. Alcuni lo capivano, ma non tutti. Quelli che non lo presero solamente come un fenomeno, che di per sé non era unico.
- DOMANDA: Ora, a quelli di noi che non credono coscientemente nell’esistenza dopo la morte, né la desiderano, piace godere e gustare di questa vita fisica presente - cioè il corpo, i piaceri e le sensazioni del corpo. Vorrei fare una domanda su questa tipologia di persona: il talento e una certa personalità, compreso il bisogno di sublimare, il desiderio di produrre arte, e diventare immortale grazie a quella creazione, corrisponde alla credenza nella vita dopo la morte? Non sto chiedendo se c’è vita dopo la morte.
- RISPOSTA: So che non lo stai chiedendo, e non cercherò di rispondere, perché qualsiasi cosa io, o chiunque altro possa dire, non farebbe alcuna differenza. Ci si può arrivare solo attraverso la propria esperienza. Se riproponi una convinzione che non è veramente la tua, la cosa è molto più nociva che ammettere semplicemente un’incredulità. Questo è solo uno dei punti che ho sottolineato nell’ultima lezione. Ora risponderò ad altri aspetti della tua domanda.
- In primo luogo, lasciatemi chiarire che la conoscenza e l’esperienza reale della continuazione della vita dopo la morte fisica - se ci si è arrivati realmente attraverso lo sviluppo - e il giusto e sano atteggiamento come descritto in queste lezioni, non è, non può e non vuole sacrificare i piaceri del corpo per il bene di una vita spirituale per verrà dopo quella fisica. Semmai è proprio il contrario. Solo chi si aggrappa alla fede religiosa per paura e debolezza giungerà alla conclusione che l’uno si oppone all’altro. Infatti, se comprendete bene queste due lezioni, questo vi diventerà abbastanza chiaro. Questo perché la forza vitale liberata deve fluire attraverso tutto il corpo, rendere la persona più ricettiva e capace di sentire piacere ad ogni livelli, compreso quello fisico. Tuttavia, questo piacere completo può essere provato solo se l’anima è sana. Un’anima non sana è incapace di provare piacere.
- Allo stesso tempo, se una persona guarisce gli aspetti e gli atteggiamenti malsani della personalità, essa non solo si rende capace di provare un maggiore piacere, ma conduce anche una vita più piena. Quasi quale effetto secondario, vi è anche un aumento della creatività. Queste persone iniziano a sperimentare la realtà delle leggi spirituali e della verità. Non è un caso che le persone che attraversano con successo la loro introspezione arrivano spesso a credere nella realtà delle leggi spirituali e della verità. Questo raramente indica l’accettazione di una religione confessionale, ma indica, piuttosto, la presenza della realizzazione personale, dell’esperienza, della prova interiore e della conoscenza. Questi sono tutti effetti collaterali della guarigione dell’anima dalle sue idee sbagliate, dalle sue distorsioni e dalle sue deviazioni. La vera esperienza del piacere a tutti i livelli, lo sviluppo delle capacità creative e la conoscenza interiore della verità spirituale sono il risultato della salute interiore.
- Allo stesso tempo, più l’anima è malata o distorta, meno è in grado di provare il vero piacere, e più le sue capacità creative sono paralizzate. Il fatto che alcune persone siano molto creative nonostante i tremendi conflitti interiori non contraddice questa affermazione. In questi casi infatti, il talento creativo è così grande che si esprime nonostante i problemi dell’anima, e mostra quanto tale persona sia tagliata fuori dalla realtà a tutti i livelli. Ciò significa che, non solo non tiene conto delle leggi cosmiche e della verità spirituale, ma che ignora anche la realtà così come si manifesta su questo piano terreno.
- Il desiderio di immortalità attraverso l’arte è solo un’altra variante del desiderio di vita eterna dell’entità umana e della sua lotta contro la morte. Una persona può essere un religioso fanatico che ha accettato un credo per paura e debolezza, e non per conoscenza interiore. Un’ altra crede di essere più forte del primo perché non ha "bisogno" di tale fede. Ma questa forma di espressione, attraverso l’opera creata, emerge dalla stessa radice: il desiderio di immortalità. Nessuno dei due vuole lasciarsi andare, e si aggrappa alla vita. Nessuno dei due riesce ad arrendersi. Questa tenacia, questa incapacità di arrendersi, sia che si manifesti nelle grandi questioni della vita oppure nelle piccole questioni quotidiane, tiene comunque l’anima imprigionata. Blocca la crescita, produce una qualche forma di stagnazione a tutti i livelli della personalità. Solo un’ampia libertà che deriva dall’abbandonarsi e dall’aprirsi all’ignoto, senza alcuna garanzia di conservare ciò che si ama, può generare una vera crescita.
- Quindi il desiderio di immortalità attraverso l’arte, o la scienza, o qualsiasi altra espressione non è, in sostanza, diverso da quello del religioso che si aggrappa alla fede per paura. Come ho spiegato nell’ultima lezione, anche l’ateo esce dal sentiero e incontra la morte nel modo sbagliato, proprio come il religioso ingenuo. Quest’ultimo dice: "Voglio credere perché ho paura della morte". Non voglio lasciarmi andare, arrendermi". E l’ateo dice: "La persona che crede è debole". Io sono molto più forte, non ho bisogno di tutto questo". Ma anche questa persona vuole l’immortalità e pensa che sia una dimostrazione di forza cercare l’immortalità attraverso la creazione. In realtà è un altro modo di aggrapparsi alla vita e di lottare contro la morte. Questo tipo di persona ha così tanta paura di cessare di esistere che non rischierà di credere per poi rimanere deluso qualora i religiosi si sbagliassero. Entrambi i tipi di persone sono incapaci di ammettere di non sapere e di dover accettare l’ignoto.
- Ora, amici miei, le molte persone che ammettono esteriormente questa ignoranza non necessariamente la intendono, la sentono e la vivono. Anche loro possono esprimere, nei loro atteggiamenti più intimi, la fuga dalla morte. Non è ciò che si professa e si pensa di credere a determinare un atteggiamento sano; questa è solo un’indicazione. Quindi bisogna fare attenzione a valutare sulla base di una convinzione e di un atteggiamento espresso da qualcuno. Il desiderio di morire, per esempio, non indica necessariamente una vera fede nella vita dopo la morte, o la riconciliazione con la non-esistenza. Può essere semplicemente un’espressione dell’essere stanchi di affrontare la vita, che è, naturalmente, il naturale risultato del non saper affrontare la morte.
- Ora veniamo alla questione della sublimazione. La sublimazione può essere, e molto spesso lo è, del tutto incompresa ed è un fenomeno molto insano. Può essere un processo distorto e dannoso sia nel concetto del religioso che in quello dello psicoanalista. Il religioso sublima quando dice: "La vita della carne è peccaminosa, si oppone allo spirito, rappresenta il diavolo e quindi devo sublimare i miei impulsi carnali, spiritualizzandoli". Questo porta alla repressione, e se vedete la repressione in una nuova ottica, vedrete che non è altro che disonestà, autoinganno, un atteggiamento da "struzzo", una mancanza di consapevolezza di sé.
- D’altra parte, lo psicoanalista afferma che "la realtà è così lugubre, desolante e senza speranza, e si trova in tale contraddizione con le mie pulsioni di piacere, che non ho altra scelta se non quella di sublimarle. Faccio questa scelta per compromesso, come male minore. Da un lato, se volessi realizzare la mia pulsione di piacere, dovrei vivere secondo gli istinti più primitivi e non canalizzati. Ma, d’altra parte, questo mi porterebbe a entrare in conflitto con il mio ambiente e quindi sarei bloccato, a priori, dal provare piacere. Quindi la situazione mi appare senza speranza".
- Questi istinti primordiali, non canalizzati, non sono più utili al principio del piacere di quanto non lo sia il rifiuto "spiritualizzato" del piacere corporeo. In un’anima sana e matura, la spinta al piacere non potrà mai interferire con il proprio ambiente. Questo non è dovuto alla sublimazione, alla rassegnazione o alla repressione. Succede perché gli istinti crescono insieme al resto della personalità e quindi diventano, man mano che lo sviluppo procede, più ricettivi al piacere in forma molto più elevata rispetto agli istinti primitivi e non canalizzati. Questo piacere accresciuto include anche il livello fisico. Questa inclusione avviene, a sua volta, dall’affrontare la morte e la sofferenza. Avviene superando la negazione e dissolvendo lentamente, a poco a poco, la dualità. Così facendo, la realtà, come la conoscete sulla terra, può cominciare a cambiare, prima sottilmente nel vostro mondo interiore, e poi lentamente anche nel mondo esterno.
- È quindi del tutto sbagliato dire che la capacità creativa è il prodotto della sublimazione o, per dirla in modo diverso, che deriva dallo spostamento della spinta al piacere in un’altra area della personalità. La sana personalità umana, così come era pianificato che fosse, è abbastanza ricca da contenere entrambi, così come anche molte altre possibili espressioni della vita. Solo l’anima limitata e distorta deve fare tali scelte. È vero che se si reprime la propria pulsione al piacere, essa deve comunque esprimersi altrove, e spesso lo fa nell’ambito della propria creatività. Ma ciò non significa che non potrebbe esprimersi in modo più chiaro e potente se la vostra personalità fosse completa e integrata, funzionando in modo sano a tutti i livelli. Si manifesterebbe in modo più costruttivo e pieno, non come sostituto, ma come completamento della vita.
- Miei carissimi amici, in questo giorno così speciale ho cercato di mostrarvi come la fase attuale del nostro lavoro, del vostro sviluppo interiore, si adatti ai grandi eventi della storia dell’evoluzione, cosmica e umana. Siate benedetti, tutti voi. Ricevete la nostra forza, il nostro amore e le nostre benedizioni. Che possiate accogliere questa forza e utilizzarla nel modo migliore per ognuno di voi. Siate in pace, siate in Dio!
Testo originale: Pathwork Guide Lecture No. 82 - The Conquest of Duality Symobolized in the Life and Death of Jesus
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