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Lez. 155 - La paura del sé - dare e ricevere

Lezione della Guida del Sentiero - Pathwork Guide Lecture
13 ottobre 1967

Traduzione in italiano di Daniele Buratti
Revisione a cura di Andrea Genini e Anna Orsini
Registrazione vocale a cura di Margherita Saetti
Edizione Gennaio 2019

  1. Saluti, cari amici. Possa questa serata esservi utile e darvi forza, e trasformarsi in una benedizione che vi apra sempre più la strada verso l'autorealizzazione.

  2. Il prerequisito fondamentale per diventare ciò che voi veramente siete è l'assenza di paura. La chiave è superare la paura del sé. Ogni tipo di paura risale, in ultima analisi, alla paura del sé; perché se non aveste paura del vostro essere più profondo non ci sarebbe nulla che vi potrebbe spaventare nella vita. In effetti non avreste nemmeno paura della morte.

  3. Prima di intraprendere un qualsiasi percorso intensivo di autoconfronto, le persone non sanno di temere, di fatto, solo le proprie profondità sconosciute. Esse proiettano questa paura reale su altri tipi di paure. Le paure spostate possono anche essere negate e coperte. Per esempio, qualcuno potrebbe temere un aspetto della vita e far convergere tutto il potere della paura nascosta del sé su di esso. Oppure potrebbe temere la vita stessa e dunque evitarla, così come evita il sé, nella misura in cui lo teme. Questa paura generale della vita può essere ulteriormente proiettata sulla paura della morte poiché, in realtà, esse sono la stessa cosa. Se si teme l'una si teme inevitabilmente anche l'altra.

  4. Quando il vostro percorso diventerà focalizzato e la vostra consapevolezza sarà sufficientemente sviluppata, realizzerete di avere, per lo più, paura di voi stessi. Riconoscete questa paura dalla mancanza di naturalezza con cui incontrate voi stessi, dalle diverse forme di resistenza più o meno evidenti, dal terrore di lasciare andare le vostre difese e di consentire l’espressione del vostro sentire naturale. Inizialmente non vedete chiaramente quanto voi stiate sulla difensiva, poiché le vostre difese sono divenute una seconda natura a tal punto che non vi accorgete nemmeno di come siano innaturali e di quanto potreste essere diversi, se solo le lasciaste andare. La vostra incapacità di lasciarvi guidare dalle forze involontarie è un segno di quanto diffidiate del vostro essere più profondo.

  5. Vorrei sottolineare di nuovo che chi blocca i moti naturali della propria anima, lo fa perché ha paura di essi e di dove lo potrebbero portare. Se siete consapevoli di questa paura, avrete compiuto un importante passo avanti verso l'autoliberazione, perché se non avete la consapevolezza della paura del sé, non la potete superare.

  6. La paura di lasciare andare implica che il sé reale non può manifestarsi. La sua manifestazione non può avvenire che in modo spontaneo, come succede, per esempio, quando la conoscenza si manifesta intuitivamente dalla vostra interiorità e non da un processo di apprendimento indotto dall'esterno. Solo chi non ha paura di se stesso, almeno in parte, può percepire la presenza del sé, nonché trovare il coraggio di riconoscere e dare ascolto alle manifestazioni intuitive e spontanee del proprio essere interiore. I veri artisti e i grandi scienziati giungono a fare scoperte importanti grazie a questo processo perché, in quel contesto, essi non hanno alcun timore del proprio sé interiore. In altri ambiti, forse, potrebbero bloccarlo anch’essi.

  7. La manifestazione del sé reale è sempre un processo profondamente creativo, sia che emerga come conoscenza intuitiva sia come pienezza e profondità di sentimenti, le quali rendono la personalità vibrante di vitalità e di gioia a ogni livello dell'essere.

  8. Un altro aspetto della paura del sé è il timore di non conformarsi all'ambiente sociale. La propria realtà interiore potrebbe essere in contrasto con l'ambiente; i valori reali del sé potrebbero differire dai valori della società. Solo chi non teme il proprio sé interiore saprà rifiutare quei valori preconfezionati che gli sono stati tramandati. I valori esteriori, per giusti o sbagliati che siano, rimangono comunque dei vincoli, se non vengono scelti liberamente.

  9. Uno degli aspetti più importanti della paura del sé è la paura del piacere. Gli esseri umani sono stati creati per provare piacere supremo e gioia intensa, sebbene i più non ne facciano alcuna esperienza. Gli individui davvero sani e realizzati, che funzionano in modo ottimale in base alle loro capacità innate, possono arrendersi completamente alla forza vitale e alle sue correnti di piacere, così come essa si manifesta in loro. Sanno esprimere questa potente energia con spontaneità; non la temono, né la rifiutano. Essa anima tutto il loro sistema di una forza, di un’energia e di una gioia stupenda.

  10. Chi sta sempre all’erta e sulla difensiva, facendo ben attenzione che quelle forze non si manifestino, non fa che anestetizzare se stesso, morendo un po’ alla volta. La manifestazione prevalente in questo mondo, oggi come in passato, è quella che possiamo chiamare autoalienazione, assenza di vitalità, disconnessione. È la morte di un sentire che si trascina dietro anche un senso di vuoto e di mancanza di significato. È uno stato di morte in cui il flusso vibrante della forza vitale viene volutamente interrotto e proibito da un eccessivo atteggiamento di negazione e vigilanza dell'io esteriore.

  11. Talvolta l'essere umano medio può arrivare a sperimentare un po’ di vitalità, ma essa è talmente inibita rispetto a come potrebbe essere, che la piena vitalità, anche se si usassero delle parole adeguate a descriverla, gli risulterebbe inconcepibile. Voi non immaginate neppure come potreste funzionare e come potrebbe essere la vostra vita. Non provate che un vago anelito, una sensazione vaga che la vita possa essere diversa. Sventurato chi attribuisce quell’anelito ad un’illusione e alla mancanza di realismo, rassegnandosi così a vivere una mezza vita e convincendosi che questo è il modo in cui debba essere. Fortunato, invece, chi ha il coraggio di riconoscere questo anelito, pur se tardi nella vita, e che inizia a concepire la possibilità che esso sia giustificato e che indichi che è possibile ottenere molto di più dalla vita. E si può ottenere di più dalla vita se si diventa vivi. Ma si può diventare vivi solo nella misura in cui si supera la paura del sé.

  12. Vediamo questa paura un po' più da vicino, amici miei. Perché la gente teme che se non sta sempre sulla difensiva e non è vigile con la volontà e con la mente, potrebbe accadere qualcosa di pericoloso? Questo qualcosa scaturirebbe dalle profondità istintive del proprio essere. Di che si tratta? In sostanza esistono due possibilità. C’è la possibilità che emerga qualcosa di negativo e di distruttivo. E c'è la possibilità che venga in superficie qualcosa di creativo, costruttivo, piacevole, che si espande. Non è vero, come si potrebbe credere a priori, che si ha paura solo della prima eventualità. Certo, la paura della negatività è una ragione molto sostanziale che fa sì che l’individuo ostacoli il libero fluire dei moti dell'anima, quel flusso cosmico che si manifesta in ogni essere umano, se non lo si ostacola. Le forze distruttive dell'odio, dell'ostilità, del risentimento, della rabbia e della crudeltà, che l'individuo teme, potrebbero variare in qualsiasi modo immaginabile. Esse dimorano in ogni essere umano: esistono nella misura in cui sono state represse le espressioni positive, inizialmente da parte dell'ambiente e dei genitori, erroneamente convinti della loro nocività e pericolosità, e più tardi anche da parte di voi stessi. È molto importante che voi comprendiate questo fatto, amici miei: una volta diventati adulti, non siete più costretti dal vostro passato; ma se insisterete a respingere quelle forze costruttive che prima vi erano proibite da altri, sarete voi stessi a condizionarvi.

  13. Ecco di nuovo uno di quei famosi circoli viziosi derivanti da tutti gli errori introdotti nella vita umana. Se si ostacolano le forze positive, aumentano quelle negative. O, più precisamente, la forza positiva viene deviata, disturbata, riconvertita e distorta, e dunque essa si trasforma in forza negativa. Non è un diverso tipo di forza di recente formazione, come ben sapete. La rabbia non è una nuova emozione o una nuova corrente di energia: è fatta della stessa sostanza originaria dell'amore e può tornare a essere amore, se glielo si permette. In effetti è facile ricondurre l'emozione negativa alla sua manifestazione originale, giacché è quella la sua forma naturale. Ad esempio, se la rabbia è accettata e pienamente sperimentata, nelle circostanze adatte, senza nuocere a nessuno e, nello stesso tempo, identificandosi con l'emozione, senza perdere il senso della misura e senza rigettare l’intera personalità a causa di essa, la rabbia si trasforma in calore, piacere e amore. La trasformazione può avvenire, direttamente o indirettamente, attraverso una serie di altre emozioni come la tristezza, la compassione verso se stessi, il dolore, la sana aggressività e l’autoaffermazione. Occorre sperimentare e fare propria ogni corrente di energia negativa, permettendole di esistere nel momento in cui essa si presenta, fintanto che scaturisce in modo naturale. Allora, e solo allora, tutto ciò che è innaturale e distruttivo si riconverte e si trasforma.

  14. Tornando al circolo vizioso, che si autoperpetua se non si segue la procedura sana appena descritta, maggiore è la rabbia, maggiore diventa la paura di essa e, di conseguenza, maggiormente starete sulla difensiva. E quanto più vi difenderete, tanto meno sarà possibile essere spontanei, impedendo in tal modo all'emozione distruttiva di riconvertirsi nella corrente di piacere che essa è in origine.

  15. Come dicevo, non si ha paura solo delle forze distruttive, ma spesso, e forse ancor di più, dell'amore e del piacere, perché al bambino è stato fatto credere che sono cose sbagliate e pericolose. Si temono perché richiedono di abbassare le difese e di fidarsi della propria spontanea natura interiore. Le forze dell’amore possono restare vive solo se il sé è completamente privo di paura di se stesso. Rinunciare a difendersi può apparire come un annientamento, poiché nel processo della vita coopera qualcos’altro al posto dell'io controllante. Senza la collaborazione della propria natura interiore spontanea la vita s’impoverisce. Ma accettare o meno quella collaborazione dipende dalla decisione di affrontare le proprie paure. Dunque nel circolo vizioso si temono le forze dell’amore perché chiedono di rinunciare agli atteggiamenti di controllo, innaturali e premeditati che spengono la spontaneità. Frustrazione e vuoto accrescono la rabbia e la collera, così cresce la paura del sé, e via dicendo.

  16. Chi non riesce a compiere il passo decisivo per superare le resistenze ad affrontare le proprie paure interiori, resta intrappolato nel ciclo. L'incontro con la propria paura è l’evento che i più evitano come la peste. Non basta riconoscere in modo vagamente teorico l'esistenza di alcuni sentimenti negativi. Non è sufficiente fare astrazioni su di essi: occorre farne esperienza diretta in modo concreto e dinamico. È qualcosa di imprescindibile e necessario, e costituisce proprio quel mettersi di fronte al sé di cui discutiamo sempre.

  17. Una volta assunto questo, si rivelerà che non è poi tanto difficile o pericoloso come credete. In effetti il senso di sollievo, di liberazione e di ritorno alla vita che si prova è così reale e stupendo che, guardando indietro, sembra sciocco aver esitato. Chi si dà da fare per riuscire a compiere il passo è invero benedetto, poiché la vita comincia ad aprirsi solo allora. Occorre lasciarsi andare e consentire a quello che c’è di emergere, di qualunque sentimento si tratti.

  18. Sottolineo ancora una volta, per evitare ogni possibile fraintendimento, che non si tratta di agire la propria rabbia repressa, che altrimenti torna al sé come ritorsione. Ciò che voglio dire è che occorre sentire ed esprimere queste emozioni in circostanze sicure e sotto supervisione terapeutica, così che non causino danni. Infatti, più riconoscerete i vostri sentimenti distruttivi assumendovene la responsabilità, meno vi sentirete indotti ad agirli contro la vostra volontà e a giustificarli. Le persone spesso non si rendono conto di quanto esse possano avere emozioni forti in una particolare situazione, oltre ogni normale misura. Ciò influisce inevitabilmente sugli altri, che lo si voglia o meno. L’agito (acting out), che avviene tutti i giorni, potrebbe anche non essere violento, ma potrebbe essere indirettamente perfino più distruttivo. Questo è un fenomeno molto sottovalutato.

  19. Tutto ciò si può evitare se si esprime e si vive in modo diretto tutta la potenza di un sentimento distruttivo. Quanto più lo si fa in modo esaustivo, tanto più rapidamente avverrà la sua trasformazione in piacere. Ciò che viene dopo dipende da quanto sarete in grado di provare piacere: cosa soggetta a una serie di fattori di cui ne discuteremo alcuni.

  20. Alcune cose dette fin qui gettano maggiore luce sul processo della paura del sé. La paura si presenta in modo indiretto, in forme che voi continuate a razionalizzare. Finché c’è paura del sé, amici miei, autorealizzazione e libertà restano utopia. Molto meglio accettare la paura del sé, farla propria e dire: "Ecco dove mi trovo in questo momento. Non mi posso permettere per nessun motivo di tirar fuori quello che ho dentro", anziché scacciarla e far credere agli altri di non provarne affatto.

  21. Ora, amici miei, facciamo un passo avanti e affrontiamo un altro argomento direttamente collegato a quest’ultimo, che vi offrirà una nuova prospettiva sulla vostra vita interiore. Per qualche tempo la psicologia ha postulato, anche abbastanza correttamente, che l’insoddisfazione del bisogno di ricevere crea condizioni dannose nella psiche. A questa cosa è stata data molta enfasi. Proprio come il corpo risente dei bisogni rimasti insoddisfatti e della mancanza di un giusto sostentamento, lo stesso accade per l'anima umana, quando non vengono soddisfatti i suoi bisogni e la si priva del cibo che la fa prosperare: amore, affetto, calore, accettazione della sua individualità. Anima e corpo necessitano entrambe del piacere, e senza di esso siete menomati e la vostra crescita risulta stentata.

  22. È vero che il bambino indifeso dipende dagli altri per ciò di cui ha bisogno; tuttavia è stato dato troppo poco risalto all'importanza del dare. Negli ultimi decenni è stata enfatizzata la frustrazione del non ricevere abbastanza, mentre si è molto trascurata la frustrazione del non dare a sufficienza. Si è affermato, correttamente, che chi non ha ricevuto abbastanza nell'infanzia ha più difficoltà a dare, ma senza andare oltre. La guarigione dal danno causato da un ricevere insufficiente può essere meglio conseguita rendendosi conto di non essere impotenti rispetto al proprio passato, e che in voi ci sono delle forze che possono instaurare un nuovo equilibrio; ma ci si riesce solo se si capisce quanto più dolore possa generare la frustrazione di non dare ciò che si ha.

  23. L'enfasi eccessiva posta su un dato aspetto psicologico, ha creato una generazione di persone che si autocommiserano e che passano la vita lamentandosi di essere state imbrogliate, di non aver ricevuto abbastanza nella loro infanzia e di dover convivere con le proprie menomazioni. La capacità di aprirsi e dare esiste sempre, una volta che viene contemplata e presa in considerazione.

  24. Il trattenervi dal dare ciò che potete offrire porta tanto più dolore nella vostra vita interiore, rispetto al non aver ricevuto abbastanza in passato. È abbastanza facile da capire, se ci pensate un attimo. Se si accumula una qualsiasi sostanza, forza o altro, l’eccesso crea una tensione maggiore. La sovrabbondanza c’è, amici miei, che lo sappiate o meno o che, per paura, cerchiate di trattenerla affinché non tracimi. Per cui molti di voi provano un dolore altrettanto intenso di quello del non ricevere, poiché non vi permettete di dare ciò che vi lamentate di non aver ricevuto e che vorreste, invece, ricevere dagli altri.

  25. Il flusso di energia di questi moti dell'anima crea un continuum. I moti formano un processo continuo con cui dovete collaborare per essere sani e realizzati, consentendone il funzionamento. Per "funzionamento" intendo lavorare in conformità con le leggi della vita, le quali prescrivono che le forze positive siano trasmesse agli altri e che voi riceviate dagli altri ciò che essi lasciano fluire in voi.

  26. La religione ha enfatizzato il dare, predicando a lungo che dare amore è più benedicente che riceverlo: sottolineando costantemente, in una forma o nell'altra, l'importanza di amare - cioè di dare amore, compassione, comprensione e altri doni dello spirito. Il concetto distorto era, e spesso è ancora, che l'amore è un pio comandamento che si realizza con il sacrificio. Dunque l'immagine che si forma è che amare equivalga a impoverire sé stessi. Amare acquisisce la connotazione della privazione di colui che si sacrifica. Se non si soffre nell'amare l'altro o per amore di qualcuno, imbrogliando in qualche modo sé stessi, quello non è considerato amore.

  27. Il comandamento dell'amore è diventato sempre più astratto, con il rischio intrinseco di costringere a compiere azioni contro il proprio interesse. Questo è il medesimo concetto inconscio di amore che tanti hanno ancora oggi. Non meraviglia che si abbia paura di amare, perché l’amore viene rappresentato come un atto privo di piacere, un sacrificio che toglie e che impoverisce, il cui fine è di essere considerati "buoni" e compiacere un dio autoritario. Non meraviglia che si respinga l'amore, giacché si ripudiano le sensazioni piacevoli che esso stimola nel corpo, ritenute colpevoli. Dunque si teme l'amore per un duplice motivo: o si esprime con spontaneità, e diventa "peccaminoso", o si elimina il sentimento che gli dà forza, e diventa sgradevole dovere.

  28. L'umanità si muove tra questi due estremi: o ci si comporta come dei bambini avidi ed egoisti che pretendono solamente di ricevere, senza essere disposti a dare nulla, o ci si sforza per amare nel modo sbagliato appena descritto. Poiché nessuna delle due alternative è attraente, le persone di solito optano alternativamente per l’una o l’altra, sebbene la tendenza verso un estremo può essere più forte.

  29. Solo guardandovi con grande onestà e discernimento troverete in voi entrambe le distorsioni. Ora, come si può creare un flusso sano di dare e ricevere se quegli atteggiamenti errati sbarrano la strada? La paura del sé c’è in entrambi i casi, poiché l'impulso naturale, il desiderio spontaneo, è quello di dare con abbondanza - come abbondante e generosa è la natura tutta! Questo vale sia al livello materiale più esterno, sia al livello più sottile. Più si dà in modo naturale e generoso, più diminuisce il masochismo, la sofferenza e l’autoprivazione della persona. Più prevale il falso dare, basato sulla mancanza di assertività e sull’autoimpoverirsi, meno spazio trovano la vera generosità e il flusso spontaneo di dare.

  30. Ci sono innumerevoli occasioni nella vita quotidiana in cui le persone si trovano a dover decidere tra trattenere il sé o dare. Il problema potrebbe non essere rilevante, di per sé, ma lo è l'atteggiamento di fondo. La questione è scegliere se restare attaccati a vecchi rancori, a vecchie modalità che escludono gli altri per risentimento o censura, o permettere a un nuovo atteggiamento spontaneo di emergere dalla profondità del proprio sé. Un atteggiamento che arriva in modo naturale, senza sforzo; che vi fa vedere delle realtà nuove riguardo all'altra persona, che rendono insensato portare rancore; che vi fa vedere che non c’è vergogna né umiliazione nel rinunciare a un arrogante orgoglio; che non c’è "mancanza di carattere" nel comprendere e nel perdonare. Molti siffatti "piccoli" incidenti allentano quel trattenersi che causa più dolore di quanto ne procuri il non ricevere. Da lì in poi è sempre più facile e naturale provare sentimenti di calore. Ma a un certo punto l’io deve fare una scelta: o restare nella vecchia modalità che esclude e limita, o lasciare che emerga una forza nuova da dentro, e seguirla.

  31. Inutile dire che occorre prestare attenzione al momento della decisione. Non è mai inconscio il modo in cui si presenta del materiale davvero inconscio: esso si trova piuttosto in superficie, ma i più preferiscono non badarci e si ostinano a non prendere atto di quegli attimi in cui essi decidono sulle varie questioni quotidiane.

  32. Se prendete seriamente atto di quei punti di decisione, essi potrebbero sembrarvi un salto nel buio. La nuova modalità potrebbe apparirvi rischiosa, mentre quella vecchia, fredda e separatrice, vi appare sicura anche se sapete bene che non è così, giacché sarebbe insensato. Abbandonarsi a questa forza interiore, nuova solo in apparenza, equivale a navigare un'onda grande e sconosciuta. E anche se ne percepiste la gioia e la liberazione, temereste comunque le ulteriori implicazioni. Se saprete lasciare andare e rinunciare a ogni sorta di atteggiamenti distruttivi, anche se camuffati, voi avrete instaurato un modo del tutto nuovo di vivere l’interiorità. È questa la guarigione che avevate cercato e sperato. Questo è il modo in cui essa avviene - non ne esistono altri.

  33. Ma anche dopo essere pervenuti a questo punto di osservazione, non sarete subito in grado di fare quel passo. Ve ne starete per un po' in questa posizione vacillante e così vedrete chiaramente come vi escludete e come, resistendo, limitate le forze cosmiche della vostra anima e impedite il flusso in uscita. Quando vi osservate su questa soglia, diventate consapevoli delle implicazioni di entrambe le alternative: il vecchio modo costrittivo, con tutte le sue formulazioni rigide e i modi consolatori, e le nuove prospettive che si aprono. Se vi osservate per un po' in questo frangente, in questo punto di decisione, senza fretta ma in modo completo e rammentando quel che comporta ciascuna alternativa, diventerete capaci di lasciar finalmente andare la vecchia modalità che rifiuta la vita, l’amore, i sentimenti, la felicità, lo sviluppo e il dono di sé. In questo frangente il vostro sentire potrebbe ancora non essere solido, ma la vostra nuova comprensione includerà gli altri.

  34. La nuova modalità aumenta gradualmente, purché non si interrompa il flusso. Il fluire è così bello che non si può descrivere in modo adeguato. Esso possiede un fantastico meccanismo di autoregolazione di cui ci si può fidare completamente. Nella misura in cui si lasciano andare e si rinuncia ad atteggiamenti egocentrici, egoisti, di autocompatimento o autodistruttivi, di pari passo diminuirà anche, e in modo automatico, la paura del sé. Qualcosa di nuovo comincia ad accadere dall'interno. Cominciano a operare i poteri creativi. Dunque non vi ostacolerete più, non infliggerete più a voi stessi frustrazioni e dolore, poiché l'immenso piacere di andare con il movimento naturale inonderà il vostro essere. Il piacere di dare e ricevere diventerà possibile.

  35. Giacché non è possibile ricevere fintantoché resterete nella vecchia posizione di rifiuto e isolamento, finché non riuscirete a lasciare andare le restrizioni autoimposte non solo renderete impossibile il vostro dare, ma renderete ugualmente impossibile il ricevere. Un contenitore chiuso non si può né riempire, né svuotare. Quando vi chiudete a riccio e state sul chi va là, non solo non vi proteggete dal pericolo, ma vi chiudete a tutte le forze sane dell’universo - quelle che potrebbero e dovrebbero fluire fuori di voi, e che potrebbero e dovrebbero fluire dentro di voi.

  36. Dato che stare sulla difensiva impoverisce e depriva, inevitabilmente finite per adirarvi. I più si trovano nella insensata situazione di tenersi tutti chiusi, guardinghi e oltremodo vigili, incapaci di essere spontanei, prendendo le decisioni sempre con la mente e la volontà, senza mai permettere che si manifestino i processi creativi, vanificando, così, il loro enorme bisogno di far parte del processo creativo. Si procurano frustrazione impedendosi di provare l'intensa gioia e il piacere di trovarsi nel flusso del dare e del ricevere. Non si tratta di un piacere esoterico, ultraterreno, scollegato dal corpo: è anche piacere fisico. L'ironia è che quelle stesse persone provano risentimento perché non hanno ricevuto dal mondo. Il mondo vuole donare loro, ma esse non riescono mai a vedere ciò che viene loro dato. Non sanno nemmeno esattamente cosa non stanno ricevendo. Provano risentimento maggiormente verso chi vuole dar loro per davvero, ma ne rifiutano il dono e così si privano ancora di più di ciò che vorrebbe fluire in loro. Se costoro si permettessero di ricevere sarebbero aiutati anch’essi a dare, a diventare di nuovo parte del processo creativo. In altre parole, si disconnettono dal flusso cosmico e creativo del dare e del ricevere, del ricambio continuo: il movimento costante che ha luogo nel processo della vita.

  37. Ora, amici miei, non vi sto parlando di una filosofia poco pratica, magari bella, ma irrealizzabile nella vita quotidiana. Queste parole esprimono la realtà più pragmatica che va bene in ogni situazione. Questa verità si applica a tutti i livelli del vostro essere - fisico, mentale, emotivo e spirituale - ossia al vostro intero essere.

  38. Il vostro è un impoverimento autoinflitto perché non riuscite ad affrontare quel "momento" cui accennavo, quando rifiutate sia ciò che vi viene dato, sia ciò che vuole fluire da voi. Il nuovo fluire vuole eliminare, una volta per tutte, quel luogo ristretto, rancoroso, distruttivo, infuriato, rigido da cui non vi volete muovere. Chi di voi riuscirà a trovare quel luogo dentro di sé, osservandosi nel momento della decisione, avrà le migliori possibilità. La vostra buona volontà di guarire, di diventare liberi, vi può far acquisire la forza interiore e le risorse necessarie a prendere e seguire la decisione di adottare la nuova modalità. Tutta la paura del sé alla fine svanirà, se saprete esprimere la negatività nel modo più appropriato, e man mano che questa paura svanirà riuscirete ad affrontare le nuove paure: la paura del piacere, della felicità, dell'appagamento, di essere nel fluire senza costrizioni. E vedrete che abituarsi alla felicità e al piacere non è così difficile come può sembrare quando desiderate donare ciò che è in voi. Diventa intollerabile solo se volete ricevere senza dare.

  39. Coloro che restano agganciati, in modo più o meno consapevole, al ricevere, avranno paura dell’appagamento e del piacere. Dato che non sono consapevoli delle ramificazioni e del significato globale della propria situazione, costoro si lamentano del fatto che è il mondo a impedire loro di sentirsi appagati. Le lamentele e i risentimenti possono assumere tante forme quante sono le personalità umane. Molte persone non sono nemmeno consapevoli della propria protesta così generale contro la vita.  Anche questo si può razionalizzare. Fa parte del vostro cammino scoprirlo in voi, scoprire il vostro risentimento e il rifiuto a smuovervi dalla negatività perché vi sentite deprivati di qualcosa.

  40. Vi sentite così perché fate di tutto per evitare di dispensare le vostre ricchezze, e dunque avete paura di ricevere. Siete doppiamente frustrati. Il vostro rifiuto di lasciar andare la negatività e il rifiuto di dare vi rende incapaci di ricevere piacere, gioia, felicità - ma, spesso, anche un successo materiale che non implichi emozioni. Sebbene voi percepiate l’esistenza di una grande gioia, essa rimane irraggiungibile per voi. Non potete tollerarla; essa vi spaventa proprio perché siete bloccati in quel punto in cui volete solo assorbire dagli altri. Ma non funziona così. Ogni sforzo per ottenere la liberazione e il benessere richiede che si presti uguale attenzione sia alla frustrazione di non riuscire a dare, sia a quella di non essere in grado di ricevere.

  41. Miei cari amici, che queste parole vi aprano la strada che rende possibile la transizione che cercate così ardentemente con una parte della vostra natura, ma che ancora rifiutate con un'altra. Forse esse accenderanno in voi una scintilla che vi farà vedere e decidere, a poco a poco, di abbandonare tutto ciò che vi sbarra il cammino verso la meta, che è la completa realizzazione e il piacere supremo.

  42. Siate benedetti, siate nella pace, siate in Dio.

Testo originale: Pathwork Guide Lecture No. 155 - Fear of Self - Giving and Receiving
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