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Lez. 146 - Il concetto positivo di vita - amare senza paura - l'equilibrio tra attività e passività

Lezione della Guida del Sentiero - Pathwork Guide Lecture
7 ottobre 1966

Traduzione in italiano di Daniele Buratti
Revisione non ancora effettuata
Edizione Agosto 2022

  1. Saluti, miei carissimi amici. Sia benedetto ognuno di voi. Benedetta sia quest’ora.

  2. Vi parlerò di tre temi: del concetto positivo di vita e di universo, che ha in serbo per l’umanità un destino benevolo; della libertà e del coraggio di amare; del sano equilibrio tra attività e passività. I tre temi formano un insieme alla base dell’armonia con sé stessi e con la vita, e dunque della realizzazione di sé. Dipendono tutti e tre dal risveglio e dall’attivazione del vostro centro più intimo, del nucleo che chiamiamo il sé reale.

  3. Finché l’Io rimane l’unico motivatore nella vita di un individuo, è impossibile provare fiducia verso la natura benigna della vita; è impossibile non aver paura di amare; ed è impossibile stabilire un sano equilibrio tra attività e passività. Vediamolo più da vicino.

  4. Un concetto sano di vita è un concetto di vita veritiero. E un concetto veritiero è la conoscenza, l’esperienza della vita come assolutamente benigna. Ogni volta che vi allontanate dalla verità la vita vi appare come una forza ostile, come qualcosa da cui difendersi. Quando nel cammino raggiungete le regioni profonde del vostro essere più intimo, in qualche modo trovate sempre quel concetto negativo di vita.

  5. C’è un’interazione diretta tra i vostri difetti e il concetto negativo di vita. L’interazione funziona nei due sensi. Poiché siete mossi e controllati dalla forza distruttiva attivata dal vostro concetto negativo di vita, le convinzioni negative si espandono anche se ne siete a malapena consapevoli. E a causa delle vostre convinzioni negative assumete una posizione difensiva nei confronti della vita, perpetuando un andamento distruttivo.

  6. Nell’ultima lezione vi parlavo della necessità di trasformare i difetti caratteriali. Il primo passo verso la trasformazione è sempre la consapevolezza dei difetti. Non è facile, ma neanche difficile, se si ha l’atteggiamento giusto. Una volta che siete consapevoli dei difetti specifici, il passo successivo è capire il motivo della loro esistenza e perché vi ci aggrappate. Osservate in modo obiettivo e profondo, e scoprirete che in ogni contesto il ruolo del difetto è di scongiurare qualcosa che presumete vi accadrà. In altre parole, date per scontata la vostra supposizione negativa.

  7. Quando l’avrete capito sarete pronti per il terzo passo, che è mettere in discussione la validità del vostro assunto. Il vostro assunto è vero? Cosa succederebbe effettivamente se non aveste quel difetto? Ponetevi queste domande con precisione. Valutate davvero la possibilità che la vostra ipotesi possa essere falsa. Nel contempo espandete la visione del significato di quel difetto e del suo effetto sugli altri, che lo esprimiate solo a livello di pensiero e del sentire, o nel modo effettivo di comportarvi. Per volersi davvero liberare in tutta onestà di un difetto è di capitale importanza comprenderne l’effetto sugli altri, oltre a dubitare del suo valore di protezione. Quando non sarete più sicuri che il difetto vi protegga, e anzi vedrete come esso vi danneggi anziché portarvi benefici, e quando vedrete anche il danno inflitto agli altri, allora, e solo allora, vorrete dirottare l’energia investita nel difetto verso un nuovo atteggiamento costruttivo che si sostituirà a quello vecchio e distruttivo.

  8. È così che deve avvenire la trasformazione; di rado, o forse mai, accade in altri modi. È impossibile trasformare qualcosa di cui non si conosce nemmeno l’esistenza. È, quindi, impossibile trasformare un atteggiamento se non sapete perché ci siete attaccati, se ne ignorate significato ed effetti. Finché non colmerete la lacuna, finché sarete confusi o dissimulerete il vostro atteggiamento, non ci potrà essere trasformazione.

  9. Ed è impossibile riuscirci senza l’aiuto del sé reale, che dovrà essere contattato e attivato direttamente dalle facoltà dell’Io. Senza il suo aiuto mancano l’energia e la resistenza necessarie. Le facoltà dell’Io devono stabilire sempre una connessione con il sé reale, per conseguire la visione e l’illuminazione necessarie.

  10. Vediamo ora l’assenza di paura come premessa dell’amare. Chi cammina nel Sentiero sa che la paura di amare è alla base di gran parte delle difficoltà e dei conflitti umani, con modalità diverse nei confronti di persone diverse; persino nella stessa persona si potrebbe presentare in forme diverse in diverse situazioni.

  11. Il mondo conosce da sempre l’importanza dell’amore. Ogni insegnamento di verità postula che amore vuol dire libertà, pace, vita. La sua assenza determina schiavitù, conflitto, morte, e dà irrequietezza, ansia e infelicità. Sebbene tutti gli insegnamenti spirituali importanti, inclusa la psicologia e la psichiatria odierne, concordino su ciò, le persone trovano comunque assai difficile dedicarsi con tutto il cuore e senza timore al flusso che proviene dal proprio intimo. Perché? La modalità di esistere naturale è uno stato d’amore, ma le persone riescono a nasconderlo e a distorcerlo in molte forme innaturali e complicate. Queste manovre vi allontanano dal vostro centro, in cui l’amore è un flusso naturale e fluido che si espande con grazia, alla stregua di qualsiasi altro fenomeno naturale.

  12. Se ostacolate quel flusso è solo per paura. Ci sono molte definizioni di amore, e voi cercate quelle definizioni partendo dal presupposto di dover prima comprendere e definire l’amore a livello intellettuale, per poi farlo entrare nell’anima dall’esterno. Anche tale approccio è contorto ed errato, poiché non avete bisogno di un concetto o di una definizione intellettuale, né certamente potreste generare l’amore dall’esterno. L’amore esiste già in forma perfetta dentro di voi.

  13. L’unica definizione utile è che tutto ciò che promuove unità, inclusione, espansione e unione, e che manifesta la natura benigna dell’universo, è amore e perpetua l’amore. Tutto ciò che ignora la natura divina e benigna dell’universo e della vita, e che quindi si muove verso l’esclusione e la separazione, è l’opposto dell’amore.

  14. Opposto dell’amore è la non-vita. A essa corrispondono varie gradazioni di morte - poiché ne esistono molte gradazioni, così come ci sono molte gradazioni di vita. Eppure temete la vita, la pace e la libertà dell’amore, e vi aggrappate per difesa alle forze di separazione del non-amore.

  15. È sempre più urgente che comprendiate questo punto, poiché gran parte degli amici che lavorano in modo proficuo nel proprio percorso di autorealizzazione si sono da poco imbattuti, o lo faranno presto, in qualcosa che potrebbero aver totalmente ignorato fino ad ora. Forse si erano illusi di avere l’amore o di aver sperimentato un vago rifiuto interno dell’amore, ma non hanno mai veramente affrontato o capito questo tema che li riguarda. Di rado si tratta di qualcosa che vale per tutta la personalità - tranne che per i pazzi. La maggior parte delle persone ha molte aree in cui ama e non ha paura di farlo. Ma laddove esistono dei problemi nella vita interiore ed esteriore, essi sono dovuti al rifiuto di amare nei confronti di certi aspetti espressamente connessi con quei problemi.

  16. Se riuscite a rendervi conto di ciò, vi sarà di sicuro utile confrontare il vostro rifiuto di amare con quelle aree in cui, invece, voi riuscite ad amare. Il confronto e l’analisi dei due atteggiamenti e dei loro effetti, anche all’esterno, riveleranno quanto sia infondata la paura di amare e quanto, invece, amare sia sano, rassicurante e benefico. Verificate le aree in cui siete determinati a non amare e vedrete che la paura di amare va di pari passo con la resistenza, anzi ne è la causa. Questa consapevolezza è cruciale e non dovrà mai essere ignorata o trascurata nel confronto con se stessi. È necessario che esprimiate a parole: "Qui, riguardo a questo o a quello, io non amo, e rinuncio ad amare perché mi fa paura".

  17. A questo punto ancora non ne conoscete il motivo. Potreste provare costernazione, potreste essere perplessi e chiedervi: "Di cosa ho paura?". Potrebbero arrivare delle risposte in forma di teorie in parte valide, ma anche disinvolte, che potrebbero apparirvi banali. Forse vi arriva la risposta che voi siete più vulnerabili al dolore, quando amate. Ma non vi convince del tutto. Provate a pensare in maniera profonda e onesta, e dovrete ammettere che non è affatto così. Oppure potrebbe arrivarvi la risposta che vi piace indugiare nella vendetta, o criticare gli altri e la vita nel suo insieme. Forse vi state avvicinando al punto da individuare, che dovrete anche riconoscere, accettare e comprendere appieno. Ma questa è solo una parte della storia.

  18. Non riuscirete a comprendere totalmente questa dissertazione senza il terzo tema. Prima di affrontarlo, tuttavia, vi voglio rammentare che così come è impossibile trasformare un atteggiamento, un concetto o una caratteristica da negativa a positiva ricorrendo esclusivamente all’Io e senza l’aiuto del sé reale, lo stesso accade con l’amore. Poiché l’amore non è una qualità che risiede nell’Io. L’Io ha altre funzioni: la volontà, il discernimento, l’azione, ma non la facoltà di amare. L’amore è un sentire che proviene solo dall’essere interiore. Ecco perché non si può intellettualizzare, concettualizzare o comprendere l’amore in termini di processi intellettuali, come molti tentano di fare. È un sentire che deve essere consentito. Dare al sé il permesso di amare richiede non solo la realizzazione dell’essere interiore, ma anche un concetto positivo della vita e dell’universo. Poiché se fosse vero che la vita è ostile e deprivante, l’amore sarebbe davvero pericoloso. Se, invece, è vero - com’è vero - che la vita è benevola, liberatoria e generosa; se essa è a vostro favore, e non contro di voi, allora l’amore non solo è sicuro, ma è il solo modo di vivere in pace e armonia con l’universo.

  19. Quindi, cari amici, dovete assolutamente collegare la paura di amare con il vostro concetto negativo di vita, da un lato, e la libertà dalla paura di amare con un concetto e un’aspettativa di vita positivi e benigni, dall’altro. Anche se siete in totale armonia con la realtà e avete quindi una salda fiducia in alcune aree della vita - che si traduce in una capacità ben sviluppata di amare - di rado avrete voglia di esaminare queste aree e confrontarle con le vostre esperienze di vita meno felici, in cui è vero l’esatto contrario. Portate alla vostra consapevolezza questa interazione diretta e questa connessione causale, e osservatele il più possibile.

  20. Solo attraverso delle verifiche crederete alla natura positiva della vita. E così rinuncerete a isolamento, separazione, odio e paura. Apritevi, o almeno provateci; concedetevi la possibilità di provare la natura benevola della vita, e dunque dell’umanità - che poi sono la stessa cosa.

  21. Il terzo componente della triade è un sano equilibrio tra attività e passività. Molti amici, nel corso della loro ricerca su di sé, hanno provato uno strano e inspiegabile disgusto per l’azione, e un desiderio di non azione altrettanto strano e inspiegabile. Queste tendenze sono più forti in alcune persone rispetto ad altre, ma in qualunque forma o misura esse appaiano, bisogna capirle. Il desiderio di passività indica che si sente la passività come uno stato desiderabile, giacché sembra promettere lo stato di pace che molti inconsciamente confondono con lo stato dell’essere; mentre invece lo stato di attività rappresenta una seccatura, una difficoltà superiore alle vostre forze e che quindi volete evitare. Perché succede questo, cari amici?

  22. Innanzitutto è importante capire che questa è una distorsione data dalla dualità. L’errore sta nel confondere gli aspetti frammentari dello stato unitivo e nel separarli dai loro frammenti complementari. Nella modalità dualistica di sperimentare la vita, attività e passività sembrano opposte. Tuttavia nella realtà del più elevato stato di coscienza - lo stato dell’essere - attività e passività si fondono. È altrettanto vero che uno stato di attività sana è anche passivo, e che è attivo anche uno stato di passività sano. Solo a livello dualistico questa sembra essere una contraddizione.

  23. Capirete meglio se vi ricordate come, nel vostro vissuto quotidiano, ogni attività sana che intraprendete risulti rilassata, facile e senza sforzo, qualità che sembrano essere passive. In un rilassamento sano, il moto in uscita dell’azione è libero e ha il ritmo della pace, per così dire. Questo ritmo di pace, se frammentato e vissuto come particella e non come un tutto, potrebbe apparire come una forma di passività.

  24. Si può anche arrivare allo stesso concetto dalla parte opposta. Quando vi sentite in uno stato passivo sano, esso non è mai statico o immobile. Nella passività sana - o nello stato dell’essere - l’azione del movimento segue il ritmo dell’universo, un movimento di pace privo di tensioni.

  25. In ogni processo creativo vige il principio dell’equilibrio attivo-passivo. È impensabile un processo creativo senza le forze attive e passive che si armonizzano, si completano e si promuovono a vicenda. Questo vale per ogni attività sana e mirata della vita, sul piano di esistenza in cui operate. Anche le manifestazioni minori, come l’equilibrio tra lavoro e tempo libero, sono regolate da questo principio, e ogni opposto apparente contiene elementi sia attivi che passivi. Il lavoro svolto da un organismo sano scorre senza sforzo, mentre il tempo libero non può essere rinvigorente e rivitalizzante, se è statico. La totale staticità corrisponde alla morte, e la morte non rinvigorisce; lo può fare solo la vita. La vita deve essere movimento, come spesso vi ripeto.

  26. Nella distorsione e nella dualità, l’attività appare come movimento, la passività come non movimento. L’attività sembra esercitare tensione, la passività sembra toglierla. Si torna alla dualità di base del bene contro il male in cui un aspetto sembra buono e piacevole, e l’altro cattivo e spiacevole.

  27. L’attività è spesso vissuta come spiacevole perché l’obiettivo esige una direzione, un senso di responsabilità. C’è bisogno dell’individualità di una personalità matura che sappia affrontare i suoi limiti personali e le difficoltà della vita, per poi farle scemare gradualmente. Se vi identificate totalmente con il vostro Io, l’azione vi apparirà terribile, poiché l’Io non è equipaggiato per azioni mirate senza essere motivato, portato e guidato dal sé reale. Semplicemente non ne possiede i requisiti. Pertanto, quando le persone non sono in contatto con il sé reale, per quanto formalmente pronte all’azione, temeranno ogni richiesta che l’azione potrebbe esigere da loro. Lo stato passivo e statico sembra quindi più desiderabile, poiché non contiene alcuna richiesta; esso non comporta aspettative od obblighi terrificanti.

  28. È pur vero che se vi identificate solo con il vostro Io ed evitate o trascurate una parte più universale che è in voi, avrete spesso ugualmente paura della passività. Lo stato passivo implica, quindi, impotenza. Esso implica impotenza quando l’azione viene rifiutata, temuta ed evitata, poiché in quel caso l’impotenza è una sequenza naturale, un risultato diretto. Se non agite per vostra volontà e nel migliore interesse delle leggi universali in voi, diventate impotenti e preda di circostanze al di fuori del vostro controllo. Di conseguenza, a un determinato livello, vi trovate spesso nella posizione di evitare l’attività per paura di non essere in grado di soddisfare i requisiti per l’azione, mentre a un altro livello temete addirittura lo stato passivo e una sana passività. Giacché non riuscite a distinguere tra una passività sana e una stagnante, diventate iperattivi e vi alienate dal vostro sé reale.

  29. Con gli spunti che vi sto dando, amici miei, potreste scorgere una connessione molto importante con il concetto negativo di vita che coinvolge anche il sé profondo, poiché i due sono identici. Se sospettate e temete il vostro sé profondo, come potreste voler stabilire un contatto con esso? L’unica soluzione sembra dunque essere quella di concentrare ogni energia e forza nel vostro sé esterno, e in tal modo sarete sempre più disconnessi dal vostro essere profondo e dai suoi poteri vivificanti. E poi forzate in voi uno stato di amore, non solo perché avete imparato che è questo che esige la società, ma anche per soddisfare i requisiti della vostra coscienza più intima, che non si può mai mettere del tutto a tacere. Per ultimo, e non per importanza, ve lo imponete per riuscire a guadagnarvi un po’ di affetto, di amore, di approvazione, di rispetto e di accettazione, senza di cui non è possibile vivere.

  30. Quindi vi costringete ad amare con il vostro Io, e il tentativo, ovviamente, è destinato a fallire. Come vi stavo dicendo, l’Io non può darvi quel potere. Non può dare ciò che non ha. Ovunque in voi ci siano delle autentiche correnti d’amore, esse provengono dal vostro essere più intimo, che ne ammettiate o meno l’esistenza a livello cosciente. Tali correnti entrano nella personalità dalla porta di servizio, per così dire. Ma se quella porta è chiusa, voi restate esclusi dal flusso rinvigorente e vitale dell’amore e provate un crescente senso di vuoto, di impotenza, di disperazione e di isolamento. Così cercate di contrastare quel sentire sforzandovi di amare attraverso il vostro Io. Ma quegli sforzi vi spossano, e più vi sentite sfiniti, più vi allontanate dall’attività, il che aggiunge tensione all’Io che è già esausto. Allora vi rifugiate nella passività che sembra darvi sollievo, e che di conseguenza diventa uno stato desiderabile. Ma la passività non vi potrà mai soddisfare; vi lascerà ancora più vuoti, insoddisfatti e sempre più spaventati, come fanno tutte le false soluzioni. E più lontano fuggite più diventate apatici poiché, naturalmente, a quel punto una passività sana si è trasformata nella sua forma distorta di apatia. A questo punto rimanete a corto di movimento vitale e di attività rinvigorenti. Se avete già provato questa condizione saprete che l’esanime e statica apatia cela un terrore molto maggiore di quanto potrebbe mai procurare qualsiasi ferita, dolore o infelicità dal vivo.

  31. Vedete, amici miei, dovete contattare il sé reale e permettergli di agire, a prescindere dai vostri dubbi, resistenze o paure. Questo è il punto centrale su cui dovrete lavorare per accorpare ogni difficoltà in un semplice movimento interiore unificante. Senza il sé reale non è possibile trovare l’abbondanza e l’ampia espansione della vita che fin dall’origine è essenzialmente lì per voi, in cui muovervi e crescere liberi da minacce e trovare il vostro vero essere. Se non attivate il sé reale l’amore non può entrare in voi, quindi non solo vi isolate e diventate diffidenti, ma la coscienza non vi darà mai tregua. Anche se il non-amore è solo una piccola parte di voi, rispetto alle vaste aree della vostra personalità in cui voi amate, la coscienza non vi darà comunque pace. E potrebbe farlo in tanti modi diversi, andando contro i vostri stessi interessi.

  32. Quando identificate il sé reale interiore e stabilite un contatto con esso, l’attività può essere pacifica e la passività rigenerante. Se è lui a comandare, attività e passività possono diventare un tutt’uno, le vostre reazioni saranno significative e rilassate e l’azione sarà di per sé attraente. In modo analogo, la passività non sarà più sinonimo di impotenza, poiché vi fiderete di voi stessi e della vita. Tutto ciò grazie all’attivazione deliberata, precisa e diretta del vostro essere più intimo.

  33. Sento spesso i miei amici dire: "Oh sì, se solo potessi... ma non riesco ancora a voler contattare il mio sé reale". Così restano nell’attesa di un miracolo interno o esterno per cominciare ad agire in modo costruttivo - in quel caso attivando il centro universale interiore. È come se si aspettassero che qualcosa di diverso dal sé cosciente, che invece è lì a loro disposizione, intervenisse per stimolarli. Ma le cose non stanno così. Potreste aspettare all’infinito il momento in cui dire: "Lo faccio, lo voglio, ci provo" non ostante le resistenze, i dubbi o le paure. Valutate la possibilità di trovare quel nucleo di potere, di intelligenza, di sentimento e di armonia, dategli una possibilità. Decidete di impegnarvi in questo, anche se per adesso è solo una possibilità. In quale altro modo trasformarlo in realtà vissuta? Non in base a teorie o a qualcosa che proviene da fuori o da dentro. Siete voi a dover fare in modo che accada. Con questo approccio renderete possibile il contatto, anche se con qualche esitazione iniziale; e poi il vostro sé reale si rivelerà gradualmente a voi con la sua realtà. Vi dovete impegnare ad agire in questo modo.

  34. Avete domande sull’argomento?

  35. DOMANDA: Dove si trova il centro vitale per cui ci dobbiamo assumere l’impegno: nei corpi sottili, negli organi fisici, nella struttura fisica, o altrove?

  36. RISPOSTA: Si trova in tutto ciò. È la stessa vita che trascende ogni cosa, ovunque trovi un’apertura. Per sua stessa natura non può essere presente più in un luogo rispetto a un altro, poiché di fatto non è un punto fisso. La vostra visione illusoria del tempo, dello spazio e del movimento colloca il centro della vita nel profondo del plesso solare. Non è del tutto un’illusione, dato che è lì che si manifesta in modo più evidente; ma solo perché è lì che siete più ricettivi, più vulnerabili e aperti. In realtà la vita scorre in ogni strato dell’organismo, in tutto ciò che costituisce la vostra intera entità, sempre che, ovviamente, sia attivata e non ostruita dall’organismo. Ma se non la si attiva, in quella stessa misura non potrà arrivare agli strati esterni della personalità. Nella malattia fisica il corpo rimane per qualche tempo inattivo nelle aree colpite dalla malattia a causa dei relativi blocchi mentali ed emotivi, delle distorsioni e delle idee errate.

  37. Se siete malati nella vostra visione, negli atteggiamenti, e quindi nella vita, il sé reale è ostruito e le sue emanazioni non riescono a penetrare quelle aree psichiche. Si può dunque dire che, non raggiungendo i livelli esteriori della personalità, si trova solo nel profondo del corpo sottile spirituale. Ecco perché anni fa, agli inizi del Sentiero, dicevo agli amici che come prima cosa dovevano penetrare il sé maschera che cela gli atteggiamenti distruttivi. Avete tanta paura a farlo perché pensate che quel sé distruttivo sia la vostra realtà ultima, e che l’unica cosa buona sia la maschera. Solo dopo aver vinto questa prima battaglia si potranno liberare le correnti distruttive e riconvertirle nella loro forma originale: il sé reale nascosto che poi inizia a manifestarsi.

  38. Questo è l’unico modo in cui il sé reale può diventare realtà, attraversare i livelli esterni della personalità e guarire le distorsioni. Una persona pienamente realizzata sarà animata dal sé reale a livello fisico, emotivo e mentale.

  39. DOMANDA: Io faccio meditazione per attivare il sé reale e far spazio all’amore, dopo aver constatato i miei concetti erronei sulla spiritualità e sul corpo fisico. Ma non risponde: non riesco ad attivarlo.

  40. RISPOSTA: È del tutto naturale, amico mio. Non dimenticare quanto sia radicata in te la paura. Negli anni già vissuti in questa e in altre vite, ti sei condizionato a uno schema reattivo, a un orientamento e a un modo di agire che non si possono interrompere di colpo. E la cosa va ancora più in profondità di quanto tu pensi. Ti stai appena rendendo conto di questa situazione, che è già di per sé una fantastica vittoria per il tuo percorso. A poco a poco vedrai quanto questa paura sia radicata nel profondo. Ne capirai le ragioni specifiche, oltre a tutte quelle che già conosci e che sperimenterai a un livello più profondo. E mentre ne farai esperienza, a poco a poco si dissolveranno le possenti muraglie, la fitta nebbia, i labirinti di confusione che coprivano il sé reale e il suo sentire forte e meraviglioso. Hai già avuto qualche visione preliminare di questa paura, e la tua conoscenza si accrescerà se osserverai le tue reazioni quando esprimi il desiderio di provare amore in tutta la tua persona, incluso il corpo fisico.

  41. DOMANDA: Tu parli della morte come di una mancanza di amore. Ma allora come spieghi la morte fisica?

  42. RISPOSTA: La manifestazione della morte fisica in questa sfera dell’esistenza umana è precisamente il risultato della dualità. La dualità è il risultato di concetti errati. Errore vuol dire, in ultima analisi, non aver capito la vita e l’universo. Perciò l’individuo crede che la vita sia pericolosa e ostile: una forza da cui difendersi. La difesa esclude ogni atteggiamento di apertura, di inclusione, di movimento verso l’altro, cioè di amore. Se non c’è quel movimento sopraggiungono stagnazione, stasi e non vita, cioè la morte.

  43. Errore equivale a non-amore, che è l’esatto opposto della vita con il suo potenziale, con la sua prontezza a dispiegarsi ogni volta che glielo si permette, ovunque dei concetti corretti e veritieri sgombrino il cammino. Questa vita è un continuum, un processo in eterno movimento che si può percepire solo se la psiche personale asseconda il proprio movimento vitale. È un’equazione matematica.

  44. DOMANDA: Sì, lo capisco, ma so che sono destinato a morire, per quanto io sia in grado di amare.

  45. RISPOSTA: No, è una questione di misura. Gli esseri umani sono una fase intermedia dell’evoluzione. L’entità non proviene da uno stato di totale non-amore e con scarsa vita. La vita inorganica sarebbe la più vicina a quello stato di vita senza amore. D’altro canto l’amore totale in cui non c’è alcuna scissione, nessuna divisione, nessun falso concetto, è presente laddove la coscienza universale è pienamente realizzata. Se non c’è dualità, non c’è vita contrapposta alla morte. Per poterci arrivare, l’entità umana deve attraversare delle fasi evolutive molto lente.

  46. DOMANDA: Nel mio lavoro nel Sentiero ho scoperto di non aver mai amato niente e nessuno; il mio unico modo di amare è nevrotico. Ho ascoltato la tua lezione, e mi interessa trovare il mio sé reale in questo senso. Potresti aiutarmi?

  47. RISPOSTA: Ti consiglierei di domandarti in modo specifico fino a che punto credi che la vita sia contro di te, tanto da scoraggiarti ad amare. Metti per iscritto tutte quelle idee molto specifiche che hai, e in quali aspetti in particolare ritieni che la vita ti sia avversa.

  48. DOMANDA: In tutti i modi.

  49. RISPOSTA: Tuttavia non basta dirlo in così generale, poiché neanche questo è del tutto esatto. Devi specificarlo. Dopo averlo fatto, leggi quanto hai scritto e inizia a porti delle domande. Dì a te stesso: "Forse mi sbaglio, forse non è così". Devi considerare la possibilità di sbagliarti. Spesso le persone rimangono ingolfate nel cammino perché non si discostano dalle conclusioni errate. Vedono l’errore, sanno in linea di principio che è sbagliato, ma rimangono lì e dicono a se stesse: "Io mi sento così", e aspettano di sentirsi diversamente senza alcuno sforzo da parte loro. Ma la risoluzione può arrivare solo se metti seriamente in discussione le tue conclusioni e ammetti che le cose potrebbero essere diverse. Devi contestare un assunto dopo che lo avrai espresso con parole precise, ad esempio: "Mi aspetto che la vita sia in questo o in quel modo, almeno per quanto mi riguarda". E poi dà spazio alla verità: essa non potrebbe mai entrare nelle stanze chiuse dei tuoi oscuri e tristi concetti erronei sulla vita e sulla tua più intima natura.

  50. DOMANDA: Abbiamo tutti perso di recente un amico che era molto vicino a questo lavoro. Mi chiedevo se fosse possibile contattarlo in qualche modo.

  51. RISPOSTA: L’importante non è essere in contatto con un individuo specifico del mondo non fisico, ma che tutti gli esseri, ovunque si trovino, siano in contatto con quel centro del sé più profondo, che è universale. Tutto il resto va a posto da sé e unifica tutti coloro che tendono all’amore. Stabilire un contatto in questo modo non è necessario, né davvero utile per nessuno, poiché sposta l’attenzione da ciò che è importante a qualcosa che non lo è più di tanto. So che qualcuno rimarrà deluso dalla mia risposta e potrebbe pensare, a torto, che si tratti di un rifiuto o di una mancanza di riguardo. Chi vede la mia risposta come un rifiuto è perché il concetto che ancora ha della vita e del sé non è orientato a una comprensione universale. Alla fine vedrà che di fatto c’è più verità e più amore nel porre l’accento su tutto ciò che favorisce il contatto con l’unica cosa che conta: con la realizzazione di sé. Avendola conseguita, l’amore tra gli individui avviene in modo sano e naturale, nel miglior modo possibile. Il contatto con persone che non sono più nel corpo fisico non appaga mai veramente, poiché in qualche modo svia da quel che importa davvero. Spesso si cerca conforto al dubbio e al dolore, ma il sollievo che se ne ricava non è mai genuino o duraturo.

  52. DOMANDA: Ma il contatto non darebbe forza alla persona deceduta?

  53. RISPOSTA: No e poi no. Chi è orientato verso l’impegno e la crescita avrà tutti i contatti che gli servono nel proprio mondo. Qui e lì vigono le stesse leggi. Ma se non vuoi superare i tuoi limiti e i tuoi concetti errati, nessuno al mondo potrà mai aiutarti. Lo sai perfettamente. Però se desideri superarli riceverai l’aiuto da ogni dove. Perché dovrebbe essere diverso in un’altra dimensione della coscienza? L’amore dà forza, e quella forza può essere estesa ed espansa indipendentemente da dove si trovano gli individui. Per avere questo non è necessario un contatto manifesto.

  54. Possano l’amore, la forza e la verità espandersi in voi, nel vostro essere più intimo. Nella misura in cui lo consentirete potrete accogliere l’amore, la forza e la verità che provengono dagli altri e che si trovano nell’aria che vi circonda, nell’aria che respirate. Il vostro sguardo cambierà. E cambieranno le vostre realizzazioni e percezioni nella misura in cui l’amore, la forza e la verità del vostro essere più intimo si uniranno a quelle degli altri. Siate nella pace. Siate nella verità. Siate in voi stessi!

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