Lez. 134 - Il concetto di male
Lezione della Guida del Sentiero - Pathwork Guide Lecture
28 maggio 1965
Traduzione in italiano di Claudia Radaelli
Revisione a cura di Maria Stella Biddau e Anna Orsini
Registrazione vocale a cura di Margherita Saetti
Edizione Febbraio 2020
- Saluti, miei carissimi amici. Possa questa lezione dimostrarsi utile e rivelarsi dunque una benedizione. Possano queste parole gettare luce e chiarezza nella vostra disordinata ricerca verso la liberazione.
- Ora vorrei parlare di un argomento che finora ho toccato solo indirettamente: il concetto di male. La religione tradizionale postula che il male sia in sé una forza separata. Secondo questa visione, gli esseri umani devono affrontare la scelta tra il bene e il male. Alcune filosofie, al contrario, postulano che non ci sia qualcosa che si possa definire “il male”, che il male sia soltanto un’illusione e che in realtà non esista. Tale affermazione viene spesso fraintesa, persino dai sostenitori di questa filosofia. La negazione delle manifestazioni del male è tanto illusoria quanto la credenza che il male rappresenti un aspetto separato nell’universo.
- In questa lezione vorrei offrire una comprensione più profonda del male, che sarà di grande aiuto a tutti i miei amici che sono seriamente coinvolti nei processi di scoperta del proprio sé.
- Il male consiste o deriva dall’insensibilità e dalla confusione circa l’attuazione del controllo. Perché il male è insensibilità? Se pensate ai meccanismi difensivi che operano all’interno della psiche umana, la connessione tra insensibilità e male diventa molto chiara. I bambini che si sentono feriti, rifiutati, esposti in modo impotente al dolore e alla deprivazione, spesso scoprono nell’insensibilità verso i propri sentimenti la sola protezione contro la sofferenza. Spesso questo è un utile e piuttosto ragionevole stratagemma protettivo.
- Analogamente, quando i bambini sono confusi perché percepiscono attorno a loro un clima di contraddizioni e conflitti, ne conseguono emozioni ugualmente contraddittorie nella loro psiche. I bambini non possono affrontare nessuna delle due cose. L’insensibilità è anche una protezione contro le proprie reazioni contraddittorie e contro i propri impulsi contrastanti. E in circostanze di questo genere potrebbe persino rappresentare una forma di salvezza. Ma se tale insensibilità diviene una seconda natura ed è mantenuta a lungo anche dopo che le circostanze sono mutate e non si è più un bambino indifeso, questo, in piccolissima scala, è l’inizio del male, è il modo in cui nasce il male.
- L’insensibilità e l’indifferenza verso il proprio stesso dolore significano a loro volta uguale insensibilità e indifferenza verso gli altri. Quando si esaminano attentamente le proprie reazioni, spesso si può osservare che la prima reazione spontanea verso gli altri è un sentimento per e con loro, una compassione o un’empatia, una partecipazione dell’anima. Ma la seconda reazione restringe questo flusso emotivo. Qualcosa scatta dentro e sembra dire no. Questo significa che si è formato uno strato protettivo di insensibilità. In quel momento si è separati, apparentemente al sicuro, ma separati. In seguito, questo senso di separatezza potrebbe trovare un eccesso di compensazione nel falso sentimentalismo, nella drammatizzazione, nella simpatia esagerata e non autentica. Ma questi sono solo sostituti dell’insensibilità. L’insensibilità, sviluppata per proteggere se stessi, inevitabilmente si estende verso gli altri, proprio come tutti gli atteggiamenti verso il sé che necessariamente si espandono verso gli altri.
- Potremmo differenziare tre stadi di insensibilità. Il primo è l’insensibilità verso se stessi come meccanismo protettivo. Il secondo è l’insensibilità verso gli altri. In questo stadio, essa è un atteggiamento passivo di indifferenza che permette di veder soffrire gli altri senza la scomodità di provare disagio. Molto del male del mondo è causato da questo stato dell’anima. Proprio perché è meno grossolano, sulla lunga distanza è più dannoso, dato che la crudeltà attiva induce contro-reazioni più rapide. L’indifferenza passiva, invece, nata dall’insensibilità per i sentimenti, può passare inosservata, perché si può camuffare davvero facilmente. Consente alla persona di seguire i suoi impulsi più egoistici senza rivelarsi apertamente. L’indifferenza potrebbe non essere così attivamente malvagia quanto la crudeltà agita, ma nel lungo periodo è altrettanto dannosa.
- Il terzo stadio è quello della crudeltà inflitta in modo attivo. Questo stadio si manifesta a causa della paura degli altri, che sembrano aspettarsi atti simili, oppure a causa dell’incapacità di affrontare collere represse, oppure a causa di un sottile processo di rafforzamento del meccanismo protettivo dell’insensibilità. Inizialmente questo meccanismo potrebbe sembrare incomprensibile. Ma pensandoci a fondo scoprirete che in qualche occasione le persone potrebbero trovarsi, quasi consciamente, sull’orlo di una decisione: “O permetto ai miei sentimenti di protendersi all’esterno in empatia con l’altro oppure, per respingere questo forte afflusso di caldi sentimenti, devo comportarmi nel modo esattamente opposto”. Un momento dopo questo ragionamento è andato, la decisione conscia dimenticata e ciò che resta è una spinta compulsiva verso atti crudeli.
- In questi casi tutto il danno, tutta la distruttività, tutto il male derivano dalla negazione del sé reale spontaneo, sostituito dalle reazioni secondarie che in un modo o nell’altro sono sempre connesse con la paura.
- Il confine tra insensibilità passiva e crudeltà inflitta attivamente è spesso molto sottile e incerto, molto dipendente da circostanze apparentemente esterne. Se le persone comprendessero questi processi, non solo intellettualmente, ma interiormente, sarebbero adeguatamente equipaggiate per affrontare la crudeltà del mondo, che così spesso fa insorgere disperazione, dubbi e confusione.
- Commettere crudeltà attiva rende ancor più insensibile la persona che la compie, non solo impedisce l’afflusso di sentimenti positivi spontanei, ma tiene anche lontani paura e senso di colpa. L’atto concreto di infliggere dolore agli altri allo stesso tempo uccide la capacità di sentire. Dunque è uno strumento più energico per raggiungere l’insensibilità.
- Dovete sempre distinguere tra gli atti concreti – sia di indifferenza che di crudeltà – e le tendenze emotive. Si può dar corso all’indifferenza o all’insensibilità anche in modo non attivo. È possibile sperimentare la mancanza di partecipazione e l’insensibilità, ma non agire in base ad esse. Potreste fare tutto ciò che è in vostro potere per aiutare un’altra persona, talvolta forse esagerando, proprio perché non desiderate, a livello conscio, essere così indifferenti. Il desiderio di ferire gli altri potrebbe esistere semplicemente come emozione, senza mai essere agito. Tuttavia, quando vi sentite in colpa non distinguete tra queste manifestazioni vitali, e così non fa differenza se sentite oppure agite in modi distruttivi e dannosi. Di conseguenza l’intera area problematica viene negata, spinta fuori dalla coscienza dove non è più possibile correggerla. Ammettere, riconoscere, affrontare un’emozione, per quanto indesiderabile, non può mai danneggiare il sé o gli altri e prima o poi porta alla dissoluzione di quell’emozione negativa. Confondere l’impulso con l’atto e quindi negarli entrambi provoca un estremo disturbo al sé, con ciò influenzando indirettamente gli altri, senza alcuna speranza di cambiamento finché il processo resta inconscio.
- Vista in questa luce, risulterà chiaro che l’insensibilità, portata agli estremi, diventa crudeltà attiva. La differenza tra le due cose è solo questione di grado. È estremamente importante, amici miei, che capiate questo. Perché coloro che sono più traumatizzati, impauriti e incapaci di affrontare la crudeltà esistente nel mondo, coloro che più soffrono per il solo fatto di sapere che essa esiste, inevitabilmente si sono resi insensibili in qualche modo e conseguentemente patiscono per il senso di colpa. Dunque deve esserci una correlazione tra l’insensibilità e l’approccio o l’atteggiamento verso gli aspetti malvagi della vita. Alcune persone potrebbero essere troppo oppresse, altre troppo emotive e altre ancora troppo dure e indifferenti circa l’esistenza del male. Qualunque reazione eccessiva a questo riguardo deve essere connessa con l’insensibilità che è stata istituita nella psiche relativamente ad alcuni temi, Un tempo, questa insensibilità sembrava l’unica protezione disponibile; poi senza volerlo è stata mantenuta.
- Il secondo aspetto del male è la questione del controllo. Abbiamo discusso molte volte dell’importanza di abbandonare un controllo troppo rigido e dell’incapacità di usare quelle forme di controllo e di potere che sono già a vostra disposizione per conseguire una vita ricca e piena. Lo squilibrio che questa incapacità crea induce rigidità dove dovrebbe esserci flessibilità e allo stesso tempo causa una impotente perdita di sé dove dovrebbe prevalere una resiliente solidità. Lo squilibrio è sempre causato dall’ignoranza e dalla mancanza di differenziazione tra sé interiore e sé esteriore.
- Ogni sofferenza è collegata all’impotenza. Più l’impotenza è grande, meno la personalità è in grado di evitare il dolore. I bambini, per loro stessa natura, sono impotenti, deboli, dipendenti. Perciò la sofferenza che potrebbero provare richiede misure, come per esempio il processo di insensibilizzazione, che ne indeboliscano l’impatto.
- L’impotenza continua a esistere negli adulti la cui psiche è rimasta infantile o immatura. I punti problematici della vita interiore sono sempre contrassegnati da questo sentimento di totale impotenza, mentre nelle aree sane questo sentimento è assente. È evidente che impotenza e mancanza di controllo sono molto connessi. Dato che l’impotenza causa sofferenza, la sofferenza causa insensibilità e l’insensibilità conduce al male, diventa chiaro che anche squilibrio e mancanza di controllo sono collegati al male.
- Su scala più vasta, l’impotenza è uno degli aspetti più problematici dell’umanità. Il suo significato è ampiamente trascurato. Le persone si sentono impotenti perfino nei confronti del loro stesso corpo. C’è un’area considerevole dove avete il controllo. Quest’area si amplia nella misura in cui trovate il vostro sé interiore, o vero sé. Là dove c’è distorsione e il vero sé è nascosto alla consapevolezza esteriore, il controllo finisce. È allora che vi sentite impotenti, deboli e impauriti.
- La relazione tra il corpo, le emozioni e le circostanze della vita personale è la stessa dal punto di vista del controllo. Avete un controllo diretto su alcune delle vostre funzioni corporee. Potete muovere i muscoli scheletrici a comando. Potete determinare con il vostro sé esteriore, o io, quando e come usare determinati muscoli, quando e come muovervi. Di fatto, molte delle funzioni fisiche sono sotto la diretta giurisdizione della volontà esteriore e non possono lavorare senza che essa sia esercitata. In breve, tutte le funzioni volontarie del corpo sono sotto il diretto controllo dell’io esteriore.
- Ma c’è una vasta area del corpo a cui la volontà esteriore non può accedere direttamente. Tali funzioni non cadono sotto la giurisdizione della volontà esteriore. Esse lavorano in ordine perfetto senza alcun atto deliberato o determinato da parte della volontà. Esse cessano di funzionare bene senza alcuna determinazione apparente della volontà esteriore. Le funzioni fisiche interne non sono governate dal controllo esterno. Questo è terrorizzante per voi perché non lo comprendete. Sentite di non avere alcun potere su una vasta area del vostro corpo; vi sembra di essere alla sua mercé.
- La stessa cosa si applica ai processi psichici. Voi avete un controllo indiscusso su una vasta area di azioni, sulle parole che pronunciate, sulla scelta dei vostri pensieri. Ma sembra che non abbiate alcun controllo sulle vostre reazioni emotive spontanee. Anche questo può spaventare molto. Potreste desiderare di sentire una cosa, ma non potete indurvi a farlo. Potreste odiare il fatto di sentire un’altra emozione, ma non siete in grado di impedirlo. Dalla soppressione e dalla repressione, come tutti voi sapete, insorgono compulsioni strane e ancor più inquietanti, con il risultato di farvi sentire ancor più impotenti nella morsa della vostra stessa personalità. Anche se simili pensieri potrebbero non essere messi in parole concise, la sensazione è questa: “Se non ho giurisdizione neppure sul mio corpo né sulle mie reazioni e sul mio sentire, se dentro di me sembra all’opera una forza spaventosa che non conosco e non posso controllare, quanto più impotente devo essere nei confronti della vita stessa?”.
- In realtà, la correlazione tra il sé e la vita è molto diretta. Non avete maggiore o minore controllo sulla parte interna del corpo e sui processi psichici di quanto ne abbiate sulla vostra vita. Nella misura in cui avete trovato la chiave dei vostri processi interiori, in quella misura avete trovato la chiave agli eventi apparentemente fortuiti che governano la vostra esistenza.
- Un fato imperscrutabile sembra controllare l’interno del vostro corpo, le vostre reazioni spontanee e un gran numero di circostanze esterne. Ma è proprio vero che dovete essere separati dalle vostre facoltà interne? Veramente non avete alcun controllo su di esse? Oppure è possibile stabilire un collegamento tra la coscienza e il corpo interno, i sentimenti spontanei e la vita?
- Anche nella vita esiste la stessa relazione che c’è con il corpo e i sentimenti. Voi avete un controllo diretto su certi avvenimenti. La vostra volontà esteriore diretta può determinare certe azioni, che sapete avranno inevitabilmente determinati effetti. Se fate questo, si produrrà quell’effetto. Ma poi, proprio come nel corpo e nel mondo dei sentimenti, esiste un’area dove questo controllo immediato e diretto finisce. Perciò le relazioni con il vostro corpo, con il mondo emotivo interiore e con la vita esteriore sono tutte le stesse. Esiste una linea di confine tra le aree dove esercitate una evidente influenza diretta nel plasmare eventi e risultati e le aree dove così non appare. In queste ultime sembra che sia all’opera un’altra forza su cui non avete alcuna giurisdizione, che non comprendete e perciò temete.
- Da questa idea che un potere strano e indipendente sembri giocare con voi è insorto il concetto di un Dio esterno – un Dio che ha bisogno di essere implorato e placato. Trovare la vera natura di questa forza è lo scopo ultimo dello sviluppo spirituale dell’essere umano.
- Lo spirito sa che il destino dell’essere umano è trovare la natura di questa forza ed estendere il suo potere sulla propria sorte. Ma questo messaggio, che arriva dalle profondità del vostro essere spirituale, spesso raggiunge le regioni esterne della personalità in modo distorto e mutilato, a causa di tutti i concetti erronei e le confusioni. Vi sforzate verso questo fine, ma lo fate in modo sbagliato. Spesso ci provate irrigidendo la volontà esterna e cercando di affermarla in regioni dove non ha giurisdizione. Così dirigete male le facoltà della volontà del vostro io esteriore.
- Chi di voi, amici miei, è cresciuto su questo sentiero attraverso anni di sforzi, è giunto in qualche occasione a sperimentare che dove prima era impotente, ora non lo è più. Non solo avete scoperto potere, forza, abbondanza di risorse e senso di adeguatezza, qualità che non avevate mai sognato di possedere, ma avete cominciato anche a vedere che sembra all’opera un controllo a distanza, che governa la vostra sorte, le circostanze esterne della vostra vita. Vi accorgete che il vostro controllo si espande. Sperimentate che le aree di non controllo recedono e che le nuove aree di controllo appena scoperte non sottostanno al controllo diretto, ma lavorano sotto una sorta di controllo a distanza.
- Questa espansione del controllo non avviene né può avvenire attraverso il tendersi rigido delle forze dell’io – della volontà, o della mente, o del ragionamento. Avviene invece attraverso un processo indiretto di controllo a distanza, che alla fine diventa controllo diretto. Per essere più specifici, le facoltà dell’io debbono essere usate, ma non nel modo in cui solitamente si tenta di usarle. Esse possono e debbono essere usate allo scopo di diminuire la forza della volontà esteriore. Occorre abbandonare l’idea che la volontà esteriore sia onnipotente, e le facoltà esteriori devono affidarsi alle facoltà interiori.
- A prima vista, questo processo potrebbe apparire disorientante o perfino contraddittorio, ma se lo comprendete più profondamente arrivate senza dubbio a capire, ancora una volta, il tipo di lavoro in cui siamo coinvolti qui. Quando comprendete che esiste un’intelligenza più vasta, immediatamente accessibile dentro di voi – nessuna lontana divinità separata da voi, ma una parte integrale e immediata di voi stessi – quando vi rendete conto di questo, saprete che ciò di cui ho parlato in questa lezione è vero. Dapprima vedrete il controllo a distanza lavorare là dove non esisteva assolutamente alcuna possibilità di intervento, connessione o controllo. E infine il controllo a distanza si trasformerà in una forma di controllo più diretta. All’inizio questa non può essere più che una teoria, che dovete mettere alla prova con onestà, disponibilità e apertura. Poi, la teoria è destinata a trasformarsi in un fatto, in realtà esperita.
- Quando desiderate esercitare un controllo su aree non accessibili alla vostra volontà esteriore – per esempio, i processi corporei interni – voi vi sforzate troppo, indebolendo le vostre energie e corteggiando delusione e frustrazione. Però se capite che tutti i processi interiori – il corpo interno, le emozioni interiori e la vita interiore, che si manifestano come destino e apparentemente provengono da fuori – possono essere governati solo dal sé interiore, allora non sprecate la preziosa energia dell’io nella direzione sbagliata. Userete invece la vostra mente esteriore per prendere contatto con il sé interiore in modo che esso faccia ciò che occorre fare. Quando realizzate che esiste questa possibilità, essa diventa percorribile.
- Ora, come si può attivare il sé interiore? Non può attivarsi da sé, perché risponde soltanto alla coscienza. La vostra coscienza, esteriore e interiore, ha il potere di dirigere questo essere interiore, con la sua mirabile abbondanza di risorse, la sua intelligenza e la sua forza. Questo essere interiore a sua volta ha giurisdizione sui processi interni. Le persone non hanno idea di quanto siano illimitate le possibilità, che si estendono ben oltre e al di là di ciò che esse considerano “legge naturale”. Quando lo comprendono, allora il vero significato della vita e della meditazione viene assimilato, vissuto, sperimentato. Non c’è più problema o confusione riguardo all’uso delle facoltà umane.
- Ciò che viene ampiamente trascurato è che i limiti delle facoltà dell’io esteriore esistono solo finché si ignora che bisogna usare quelle stesse facoltà allo scopo di contattare direttamente il sé interiore, il quale a sua volta controlla tutte le facoltà interiori – che includono corpo, sentimenti e destino apparente. La coscienza esteriore deve essere usata per attivare la coscienza interiore. Malgrado la sua enorme forza, quest’ultima risponde soltanto a uno sforzo diretto e deliberato della mente esteriore. È questo approccio indiretto, in due fasi, al potere del sé interiore che stabilisce quello che ho chiamato controllo a distanza.
- Questa forma di controllo comincia a lavorare sempre di più man mano che la personalità rimuove le distorsioni e i concetti erronei radicati nella psiche. Sono queste distorsioni che creano una barriera tra la coscienza esteriore e la coscienza interiore. Ma quanto più si guadagna una maggiore comprensione tanto più, a poco a poco, gli atteggiamenti distruttivi cambiano e la cooperazione tra sé esteriore e sé interiore amplia le aree di controllo. All’inizio sembra quasi casuale. Certezze occasionali vengono di nuovo messe in dubbio da inevitabili ricadute. Sapete bene che nel processo di crescita i problemi non spariscono in un colpo solo. Ne restano le tracce, che continuano a dar fastidio fin quando tutte le distorsioni scompaiono. Allora, gradualmente, ciò che un tempo era un destino aleatorio e misterioso a cui si era esposti inermi e su cui non si aveva alcun controllo, diventa riconoscibile come un insieme di cause ed effetti operanti per mezzo del controllo a distanza in opposizione al controllo diretto delle facoltà esteriori. E via via che lo sviluppo procede, il controllo a distanza diventa sempre più diretto. Allora facoltà interiori ed esteriori diventano una cosa sola. E man mano che questo processo continua – lasciando andare le facoltà esteriori dell’io, abbandonando il rigido ed eccessivo controllo, usando la volontà esteriore nel modo appropriato –, il controllo non è più un problema.
- E non è più neppure necessario rendersi insensibili per affrontare l’inerme esposizione al dolore. Perché non siete più impotenti.
- Ora, miei carissimi amici, assorbire, comprendere, conoscere e sperimentare ciò che vi ho detto è di grande importanza per ciascuno di voi e per il vostro sentiero.
- Ci sono domande adesso?
- DOMANDA: Vorrei collegare ciò che hai detto con un mio problema. Mi sembra di avere la tendenza a sentirmi oppresso dalla crudeltà esistente nel mondo. Riandando alla mia infanzia, ho scoperto che una delle mie pseudosoluzioni è il ritiro. Ora, quando io mi ritiro, automaticamente ritiro il mio amore. Questo ha a che fare con il senso di colpa?
- RISPOSTA: Sì, ma ci sono anche altre ramificazioni. Come ho spiegato in questa lezione, quando ritiri l’amore diventi insensibile. Questa insensibilità, sebbene durante l’infanzia sia stata uno schermo protettivo contro la crudeltà proveniente dall’esterno, non impedisce l’insorgere di emozioni negative, come l’ira, la paura, la rabbia. Queste emozioni non si possono anestetizzare. Si possono solo nascondere. Questo allora accresce il senso di colpa. Perché, volendo tradurre ciò che sta accadendo nella personalità, potreste dire: “Eccomi qui, spaventato dalla crudeltà che viene da fuori, spaventato dalla collera e dall’indifferenza del mondo. L’ingiustizia degli altri è causata dalla loro insensibilità verso di me. Nella mia paura di questa ingiustizia, di questa insensibilità, indifferenza, crudeltà e rabbia, io mi rendo insensibile tanto quanto devono esserlo loro”. Il senso di colpa esprime chiaramente che ciò che irrita negli altri è ciò che ci si sente obbligati a perpetuare, nel malinteso che una simile tendenza, per quanto camuffata, sia una protezione. La psiche dice: “io mi impedisco di provare sentimenti caldi e amorevoli, così da proteggermi. Ma nonostante l’effetto narcotizzante verso certe emozioni, non riesco ad anestetizzare la collera e la rabbia dentro di me”. Allora questo aggrava il senso di colpa.
- DOMANDA: Riguardo alle funzioni fisiche che sono al di fuori del nostro controllo, sono questa collera e questa rabbia, così come il senso di colpa, a creare la malattia?
- RISPOSTA: Naturalmente. Mettiamola in questo modo. Tutte le emozioni distruttive che sono nascoste nell’intimo creano problemi, pericoli, difficoltà, che si manifestano sia nel sistema fisico, emotivo o mentale di una persona sia nelle circostanze esterne della sua vita. È vero che queste emozioni negative nascoste, che derivano da valori distorti e concetti erronei, creano la malattia. Ma è anche vero che il sé esteriore può far ricorso al sé interiore per creare una condizione di sopportazione impotente, anziché correggere, guarire, migliorare e impedire eventi negativi nel futuro. Quando ci si sente vittime del fato, di forze al di fuori del proprio controllo, è probabile che si trascurino le risorse più ovvie e dirette.
- Sapere che il sé esterno e il sé interno devono collaborare per portare ordine, armonia, verità e appagamento metterà l’individuo in grado di usare le proprie energie nella giusta direzione. È l’essere interiore che costruisce, conserva e ristabilisce la salute. Ignorare la sua presenza e la sua forza rende le persone delle vittime inermi. È l’essere interiore che può creare una vita costruttiva in cui viene dato tutto ciò di cui si ha bisogno dall’esterno perché non esistono barriere interne. È l’io interiore che deve essere contattato con le facoltà della volontà e della mente dell’io esteriore. Si dovrebbe farlo molto semplicemente e direttamente. Ma occorre rimuovere ciò che è d’ostacolo. Anche la rimozione avviene più rapidamente e in modo più adeguato quando viene arruolato l’essere interiore.
- Concludiamo questa lezione con un suggerimento per la meditazione. Mettiamo insieme il controllo attraverso l’essere interiore e la rinuncia alla deliberata insensibilità inconscia. Il modo di accostarsi alla relazione tra le facoltà dell’io esteriore di volontà e pensiero e l’essere interiore, allo scopo di eliminare l’insensibilità, potrebbe essere il seguente:
- “La mia volontà esteriore diretta non può raggiungere quelle aree in cui ho reso insensibili le mie facoltà di percezione, sperimentazione, emozione e sensibilità. Perciò desidero prendere contatto con il mio essere interiore di intelligenza più alta e di potere più grande della mia mente esterna e compiere i passi necessari per scongelare queste facoltà e portarle alla vita in modo da diventare un essere umano pienamente funzionante. Ovunque vi siano implicati paura e concetti erronei, desidero comprenderli così da poter eliminare ciò che è d’ostacolo. È l’inutile proibizione che ancora non conosco a provocare il mio essere vivo/a solo parzialmente. Io voglio essere pienamente vivo/a. Perché questo accada, prendo contatto con il sé interiore perché mi aiuti a eliminare le ostruzioni e a portare nella mia coscienza ciò che ho bisogno di sapere così che io mi risvegli e viva in stato di appagamento, individualità e bellezza”.
- Non occorre che ripetiate esattamente queste parole. Usate le vostre parole, il vostro modo individuale di verbalizzare ed esprimere l’essenza di questi pensieri. Questo sarebbe l’approccio, amici miei.
- Siate benedetti, ciascuno di voi, nel proseguimento del vostro sentiero. Possiate percepire, ciascuno di voi, la luce di verità e di amore che la vita potrebbe esprimere, se così scegliete che sia. Quando fate i passi giusti e costruttivi in modo da integrare il sé esteriore e il sé interiore stabilendo attivamente un contatto tra loro, la vita può essere infinitamente più di quanto potreste desiderare. La vita non è niente di più e niente di meno di ciò che le consentite di essere, il meglio o il peggio, o i molti gradi intermedi. La vita è nulla di più e nulla di meno di ciò che la vostra coscienza esprime. I limiti che mettete al vostro appagamento, somiglianti al limite che credete esista rispetto al controllo, sono interamente arbitrari. Dipendono da ciò che credete. Nella misura in cui conoscete i poteri delle vostre facoltà innate, in quella misura possedete il mondo. Ma questi poteri intrinseci risiedono nell’io interiore, non nell’io esteriore.
- Il grado in cui realizzate le vostre facoltà interiori dipende dalla somma totale della vostra coscienza, dalle vostre credenze, dai concetti, dalle vostre espressioni. Tutto questo a sua volta dipende da quanto il vostro essere interiore è libero di manifestarsi oppure da quanto viene ostacolato. Quando avete anestetizzato il vostro sentire, il sé interiore viene disattivato. Ed è l’unico capace di rendervi uno con la vita, nel vero senso della parola.
- Siate in pace, siate in Dio!
Testo originale: Pathwork Guide Lecture No. 134- The Concept of Evil
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