Vai ai contenuti

Lez. 90 - Moralismo - reazioni sproporzionate - bisogni

Lezione della Guida del Sentiero - Pathwork Guide Lecture
13 ottobre 1961

Traduzione in italiano di Daniele Buratti
Revisione non ancora effettuata
Edizione Marzo 2022

  1. Saluti, miei carissimi amici. Dio vi benedica tutti. Benedetta è quest’ora.

  2. La volta scorsa vi ho parlato dell’importanza di diventare coscienti delle proprie emozioni e di come si trascuri lo sviluppo emotivo in generale. Ora vi parlerò di ciò che potreste aspettarvi di scoprire quando consentite alle vostre emozioni di emergere alla consapevolezza di superficie.

  3. Quando cesserete di reprimere le emozioni, troverete non solo delle specifiche emozioni negative individuali - ad esempio ostilità, risentimento, aggressività e invidia - ma anche determinate condizioni psicologiche. È importante riconoscerne l’esistenza e il significato. Sono emozioni reali? Sono da adulti? Fatevi queste domande e capirete come si generano le emozioni negative per le quali, consciamente o inconsciamente, vi sentite tanto in colpa.

  4. Accennerò a tre di queste condizioni. La prima è la tendenza a essere moralisti con sé stessi e, di conseguenza, anche con gli altri. Spesso il moralismo non traspare. Anzi, da fuori potrebbe apparire l’esatto contrario. Tuttavia, in certa misura, c’è del moralismo interiore in ogni essere umano. Ne abbiamo già parlato in relazione all’immagine di sé idealizzata e alle eccessive richieste e aspettative che avete su di voi e, dunque, sugli altri. Ma non abbiamo considerato le vostre aspettative perfezionistiche nell’ottica del moralismo. Poiché se voi puntate a dei canoni al di fuori della vostra portata, la conseguenza più naturale è il moralismo.

  5. Voglio mostrarvi come il moralismo soffochi lo spirito vivente del bene e del vero a cui aspirate; come esso vi renda arroganti e intolleranti; e come vi neghi l’umiltà di accettarvi e, quindi, di piacervi. Se non vi accettate per come siete, il rispetto di sé è impossibile.

  6. Troverete tutto questo nelle vostre emozioni. Capire la teoria è una cosa, ma è tutt’altro sperimentare quelle tendenze in voi. Solo esplorando le profondità delle vostre emozioni e comprendendone chiaramente il significato potrete cambiare le tendenze nocive. La tendenza a moralizzare può assumere forme sottili, persino alcune che sembrano esprimere ribellione contro tutte le leggi e le regole moralizzatrici. Qualunque sia la parola che usate per descrivere questo fenomeno, scoprirne la presenza è sicuramente indice di progresso. Ora approfondiamo questo argomento: vi mostrerò connessioni che prima non avreste capito. Lo stesso vale anche per gli altri due fenomeni - le reazioni e i bisogni sproporzionati - di cui parleremo dopo.

  7. Qual è il significato del moralismo? Potreste dirmi: "Che c’è di sbagliato in questo? Non ci viene forse insegnata dalla religione e dalle filosofie l’importanza della bontà, del decoro, della rettitudine? Non dovremmo aderire a quelle regole? Non ne abbiamo bisogno, forse? Senza di esse potremmo non essere delle brave persone". Come ho già ripetuto più volte, è vero che l’umanità è ancora troppo poco sviluppata per fare a meno di leggi esterne. Quando si tratta di condotta, quelle leggi ci proteggono e sono necessarie. Ma è assai diverso aspettarvi di essere del tutto liberi da emozioni e impulsi negativi, e non accettarvi quando li scoprite in voi. La non accettazione di voi stessi così come ancora siete vi induce a nascondere ciò che disapprovate in voi e vi fa assumere un atteggiamento rigoroso, rigido e moralista con voi stessi ogni volta che una crisi fa emergere il vostro lato negativo.

  8. Una cosa è sapere di essere tutt’altro che perfetti. Altro è proibirsi di provare ciò che è impossibile non provare in un determinato momento e poi non accettarsi per questo - com’è spesso il caso - anche qualora non ne foste consapevoli.

  9. Finché la vostra “buona” condotta si basa su una rigorosa auto-moralizzazione, sul “buono o cattivo”, quella bontà o rettitudine non è genuina: non viene da una intuizione naturale e da una crescita interiore, bensì dalla paura della vostra imperfezione. Pertanto la "bontà" è inefficace e poco convincente, sia per voi che per gli altri. Non è una scelta, è una compulsione. E non si può essere nella realtà se si è compulsivi, poiché la realtà non si può valutare in termini di buono o cattivo. Se si smette di applicare quei termini a tutto fuorché a questioni molto basiche, i confini diventano sottili e sfumati. La questione non può più essere risolta da un rapido giudizio su quel che è buono o cattivo: troverete la verità solo nel vostro intimo profondo e non nelle leggi e regole rigide a cui ricorrete, essendo troppo insicuri per scavare nel vostro animo. Dal momento che non osate ricercare la verità dentro di voi aderite a regole preconfezionate, ed è a quel punto che diventate moralisti.

  10. Ogni tipo di bontà derivante da questa tendenza è sempre un’imitazione scarna e superficiale della vera bontà. Solo perché siete troppo insicuri per fidarvi di voi stessi pensate di aver bisogno di norme e regolamenti per orientarvi. Inoltre vi tenete stretta la vostra insicurezza perché norme e regolamenti sono in genere talmente inadeguati che non vi rimane nulla a cui aggrapparvi. E questo crea un ulteriore circolo vizioso.

  11. In altre parole, se non vi fidate di voi stessi dovete adottare una rigida struttura morale per proteggervi dai vostri istinti selvaggi. Pensate che l’alternativa sia agire secondo impulsi distruttivi e selvaggi, oppure vivere secondo le rigide regole esterne. In realtà queste non sono delle alternative praticabili. L’unica soluzione sana e costruttiva è la crescita interiore, che vi farà infine superare gli impulsi distruttivi. Ma laddove non ci riuscite poiché non siete abbastanza sviluppati, non dovrete dare sfogo a quegli impulsi ma limitarvi semplicemente a prenderne atto. Potrete in tal modo vederli senza cadere nell’errore di considerarvi cattivi. Una condanna di sé esagerata è collegata alla seconda condizione di cui parleremo: le reazioni esagerate. Un’imperfezione ha il potere di tingere tutta l’esperienza emotiva di voi stessi: non si tratta di un giudizio intellettuale e cosciente, bensì di una reazione emotiva.

  12. Questa visione estrema e negativa che proviene da certi istinti o sentimenti negativi genera una paura smisurata. Più temete le vostre imperfezioni, più severo è il giudizio. Più stringenti sono i parametri della vostra immagine di sé idealizzata, più rigida è la vostra sovrastruttura. Ma questa non è la vostra vera natura. L’alienazione da voi stessi è conseguenza e origine di questa situazione. Rigidità, paura, insicurezza, intolleranza: tutto ciò si trova in voi per via di questa auto-alienazione. E spesso proiettate la vostra autocritica sugli altri.

  13. Voi create l’immagine di sé idealizzata non solo per carpire l’approvazione e l’amore altrui - come pensate di riuscire a fare - ma anche per proteggervi da voi stessi.

  14. Ovunque si trovino immaturità e disturbi emotivi, lì c’è anche una qualche forma di rigida aderenza alle regole che comporta del moralismo. È un fenomeno spesso difficile da rilevare, che magari si potrebbe manifestare in ambiti isolati e in modi molto indiretti dove serve un occhio attento per scoprirlo. Il mio consiglio è di non sforzarvi di rilevarlo attraverso un processo artificiale e intellettuale. Siate tuttavia consapevoli della sua esistenza e prima o poi lo saprete individuare: il lavoro su di voi vi ci condurrà per mano. Quando ne diverrete pienamente consapevoli vedrete come e dove esso si manifesta nella vostra vita interiore.

  15. Verificate come vi detestate per la vostra mancata perfezione; come non vi accettate e non vi piacete per le vostre insospettate tendenze negative. Anziché cercare di allontanare quelle emozioni, imparate ad accettarvi loro malgrado. Imparate a vedere i vostri valori reali al di là delle tendenze distruttive. È l’unico modo. Cercare di annullare per magia ciò che ancora non accettate in voi vi induce a reprimere e vi porta, quindi, a una falsa immagine di sé. Vi conduce non solo all’autoinganno, ma anche all’alienazione dal vostro sé reale ricorrendo a regole preconfezionate. Tale condizione produce l’atteggiamento moralizzante e tutta la rigidità a esso collegata.

  16. Le norme con cui rimpiazzate il sé reale non sono sempre generiche, ma variano in base a personalità, bagaglio culturale, cose che vi sono state insegnate da piccoli, circostanze e temperamento. Ciò che per una persona è sbagliato e inaccettabile, per un’altra potrebbe non esserlo.

  17. La struttura morale si sostituisce al sé: la fiducia nelle regole vince sulla fiducia in se stessi. Ma è una fiducia assai precaria perché le regole potrebbero non essere adatte a determinate situazioni reali, e se non sapete qual è la cosa giusta da fare iniziate ad annaspare. Ma se non potete accettarvi come esseri umani fallibili e spesso confusi, l’inevitabile confusione vi potrà sconvolgere la vita. Potreste attribuire lo scompiglio alla situazione, ma in realtà esso dipende dall’atteggiamento che avete nei vostri confronti. Avrete sempre l’impulso di trovare subito la soluzione ideale. Quell’impulso è determinato dalla falsa convinzione che vi considerereste indegni se ammetteste di non conoscere la risposta, o che le vostre reazioni sono semplicemente negative e immature.

  18. Dunque per prima cosa dovete imparare ad accettare non solo la vostra fallibilità ma anche che, sovente, non avete la risposta. Dopodiché, se ancora vi piacerete, piano piano le vostre emozioni matureranno e le reazioni cambieranno, e conseguirete una sana fiducia in voi stessi e nelle vostre reazioni naturali e spontanee. Diventerete più indulgenti con voi stessi e non avrete più bisogno della perfezione quale unica base per essere rispettati.

  19. Se trovate difficile lasciare andare l’insieme di regole fisse è solo perché non accettate la vostra fallibilità umana. Non voglio dirvi come una persona sana, matura e flessibile gestisce la confusione e il desiderio di fare la cosa giusta, poiché sareste indotti a una risposta forzosa e insincera. Prima dovete imparare ad accettare l’imperfezione senza perdere la fiducia in voi stessi. Molti di voi provano sconforto davanti a una questione complessa che non si può risolvere con le regole conosciute. Prima scoprite cosa vi dà più fastidio. Di per sé la situazione non è mai tanto spiacevole, ma piuttosto il vostro ruolo nella situazione non è all’altezza dei vostri ideali: quel ruolo esige sempre delle reazioni perfette e che abbiate tutte le risposte all’istante. Ma se la cosa si rivela impossibile, la conseguente amarezza e autocommiserazione vi impedisce di perdonarvi per la vostra imperfezione. E allora vi auto-moralizzate e vi vedete come "cattivi" e "sbagliati", anche se forse non a livello consapevole.

  20. Serve un lavoro intenso. Alcuni di voi hanno iniziato a scoprirne alcuni aspetti. Per altri la scoperta è avvenuta in modo naturale. Altri ancora non sono così distanti, ma avranno delle intuizioni che li condurranno alla scoperta, quindi dovranno essere vigili. Osservate le aree in cui non vi perdonate di non essere a un livello di perfezione. Scoprite dove e come usate delle regole fisse e preconcette, anziché la convinzione interiore a cui porta un esame approfondito della situazione e del vostro ruolo in essa. Forse per alcuni di voi il primo passo sarà prendere atto della propria rigidità interiore e dell’intolleranza verso di sé e gli altri. Da lì in poi il percorso porterà ad altre scoperte. Non mi stancherò mai di ripetere che molti casi di depressione e sconforto sono dovuti a delle aspettative che voi avete su di voi e che sono fuori dalla vostra portata.

  21. Passiamo ora al secondo argomento: le reazioni sproporzionate e le esagerazioni. Avevo già parlato di come voi tendiate a drammatizzare la vostra storia. In passato mi riferivo per lo più a delle manifestazioni esteriori evidenti, specie se applicate a determinate strutture della personalità. Ma questo aspetto si trova anche in persone all’apparenza tranquille. In altre parole, questa tendenza potrebbe non trasparire. Eppure in un determinato livello di reazione emotiva vi è sempre una certa tendenza a esagerare.

  22. Quando imparate a consentire alle vostre emozioni di emergere nella consapevolezza e a capirne il significato, non troverete solo dei sentimenti negativi di cui non eravate a conoscenza - ad esempio l’atteggiamento moralista - ma scoprirete anche come voi esagerate le reazioni vostre e altrui rispetto al loro valore reale. Di nuovo, alcuni tra voi hanno già scoperto grazie al proprio lavoro di avere reazioni emotive esagerate. Avete iniziato a percepire, occasionalmente e in una certa misura, quanto certe reazioni siano eccessivamente forti rispetto alla realtà. Ciò vale non solo per gli accadimenti negativi, ma anche per quelli favorevoli e positivi.

  23. La drammatizzazione si basa sulla visione infantile di un mondo o tutto buono e felice, o tutto cattivo e infelice. Non vi siete ancora resi conto fino a che punto è rimasto in voi quell’atteggiamento, anche in chi di voi ha fatto delle scoperte in quel senso. Questo atteggiamento ‘o/o’ è alla base dei disturbi emotivi, dell’immaturità e della cattiva salute, ma in particolar modo genera un atteggiamento moralizzante e reazioni emotive sproporzionate, anche se ciò non traspare necessariamente all’esterno e in modo cosciente.

  24. Ad esempio potrebbe bastare un piccolo complimento, di per sé insignificante, per risollevare la giornata, e un’approvazione fugace potrebbe migliorarvi l’umore. In modo analogo, una lieve critica o un dissenso potrebbe rovinarvi totalmente lo stato d’animo, gettandovi nella depressione e nel malumore. Le lodi accrescono in maniera esagerata l’autostima; le critiche la abbassano in modo altrettanto esagerato. Ci sarebbero tanti altri esempi, ma sta a voi scoprire tali reazioni in voi mentre imparate a portarle allo scoperto. In entrambi i casi siete condizionati da un singolo aspetto - vero o falso - di come un altro vi considera o vi percepisce. Nel primo caso, a livello emotivo, vi sentite meravigliosi, buoni, perfetti, amabili e ineccepibili. Nel secondo caso basta una piccola critica a farvi star male, perlomeno nei confronti dell’altro. La cosa è molto difficile da rilevare proprio perché, a livello intellettivo, non ha alcun senso, come ben sapete. Ogniqualvolta si presentano quelle reazioni voi, vi impedite di valutarle appieno. Attribuite le vostre forti reazioni ad altri fattori che non c’entrano affatto, oppure ignorate semplicemente ciò che vi ha fatto reagire in quel modo. Vi affrettate a reprimere e a spostare la vera origine del vostro sentire, allontanandovi in tal modo dalla realtà. Non vi vedete più in relazione al mondo intorno a voi alla luce della verità.

  25. La connessione tra sproporzionate reazioni emotive e auto-moralismo è evidente. Si basano entrambi sull’atteggiamento ‘o/o’ e sui rigidi parametri e aspettative che avete su di voi, derivanti dal vostro non accettare di essere semplicemente umani. Pertanto approvazione e complimenti fanno sì che vi sentiate all’altezza delle vostre aspettative. Fanno sembrare il mondo buono, giusto e bello. All’atteggiamento infantile dell’’o/o’ basta questo, fino al prossimo disinganno. E dato che il mondo è bello e buono, potete essere ciò che pensate di dover essere. Dall’altro lato anche la disapprovazione, la critica o il fallimento sono definitivi: in quel caso il mondo è tutto nero e cattivo. Non riuscite più a soddisfare i criteri di ciò che pensate di dover essere. Un difetto basta a distorcere l’intera visione, e ora siete tutti cattivi e disperati, e ciò vi annienta. Non siete in grado di accettare le critiche in modo costruttivo. Forse da fuori potreste dare l’impressione che lo stiate facendo, ma le vostre reazioni interiori contraddicono le apparenze.

  26. Spesso si dice che è un segno di maturità saper accettare le critiche e le frustrazioni in modo rilassato e costruttivo. Le persone mature ci riescono perché sono nella realtà. Non si aspettano l’impossibile da sé stesse e dunque possono accettare di essere dignitose e piacevoli pur non essendo perfette. Sanno bene che le critiche non le rendono del tutto cattive e sbagliate.

  27. Il lavoro nel Sentiero adesso richiede la consapevolezza di ciò che sentite davvero, e che facciate affiorare le vere emozioni e reazioni; altrimenti non potrete mai trovare ciò che vi impedisce di crescere davvero. Questo lavoro richiede che vi togliate la maschera esteriore dell’apparenza e che abbiate il coraggio di ammettere le vostre reazioni infantili. Più vi aggrappate con forza al vostro ideale di perfezione e meno volete rinunciarvi, più farete resistenza a far trapelare le emozioni laddove sarebbe costruttivo farlo.

  28. La procedura è semplice: basta lasciare che le emozioni emergano senza cercare di cambiarle, poiché non siete ancora in grado di riuscirvi. Riconoscetene semplicemente l’esistenza in voi e imparate ad accettarvi. Farà più questo per il vero rispetto di sé che tutti gli sforzi ipocriti tesi a una perfezione idealizzata, che non è il vero scopo della crescita. Vi basterà seguitare a osservare le vostre reazioni, e la loro forza diminuirà. Diventerete capaci di osservarle senza provare disprezzo per voi e, dunque, senza reprimere o auto-moralizzare. Il sospetto fastidioso, per lo più inconscio, di essere incapaci di essere ciò che credete di dover essere svanirà, poiché comincerete ad accettarvi. Non serve dire che il sospetto è fondato, solo che voi non accettate di non riuscire; e continuate a combatterlo. Nel momento in cui quel sospetto e la rabbia nei vostri confronti si placano, iniziate in automatico a edificare su un terreno solido e sicuro, su ciò che è fattibile. E la vostra autostima si accrescerà di pari passo con la vostra auto-accettazione. Fonderete la spesso inconscia l’opinione di voi stessi su ciò che è realizzabile, possibile e fattibile: in tal modo vi sentirete sicuri. Quando usavate fondare il rispetto e l’amore verso di voi su dei parametri irrealizzabili, impossibili e non fattibili, eravate insicuri. Voi potete essere sicuri solo nel momento in cui le vostre aspettative concordano con ciò che è fattibile.

  29. In altre parole, quando vi imbattete nelle critiche, o la vostra volontà è frustrata dai fallimenti vostri o altrui, lo potrete accettare in modo rilassato. Saprete che non è in gioco l’intero vostro essere, e che in realtà è in questione solo un aspetto di voi o della vostra vita. E arriverete ad avere fiducia in voi sapendo di poter accettare le critiche con flessibilità, e anche che da esse potete imparare. Le critiche non vi demoliranno, ma vi daranno una nuova visione di voi e degli altri. Pertanto non temerete né le critiche, né le frustrazioni o i fallimenti, non costituendo essi più un flagello da cui dovervi costantemente difendere.

  30. Le difese sono di per sé distruttive, come ben sapete. Senza di esse la vostra anima sarà aperta e rilassata e vi procurerà sempre una percezione e un’esperienza interiore della realtà. Tali fondamenta non potranno non portarvi a una fiducia certa e reale in voi stessi e al rispetto di sé, non ai loro surrogati. I canoni rigidi e perfezionisti non vogliono errori e non accettano critiche o fallimenti. Essi enfatizzano quella fallibilità che voi non volete accettare. Qualcosa in voi, nel profondo, sa perfettamente che non siete perfetti e che non potrete evitare di commettere degli errori ogni tanto, oppure di ricevere delle critiche e di non riuscire a soddisfare i vostri desideri. Negare questo sapere interiore è negare la verità e basare la vostra vita su delle fondazioni precarie. Se lo accettate, invece, non solo accettate la verità, ma basate la vita su qualcosa che può offrirvi una reale sicurezza. Quando reagite in modo appropriato alla vostra umanità con tutti i suoi difetti, costruite sulla roccia. Quando lo negate, costruite sulla sabbia. La sicurezza e la fiducia in voi stessi si basano su queste alternative. Osservare queste reazioni emotive significa osservare la vostra immaturità. Solo così si accrescerà la vostra maturità.

  31. E ora arriviamo a una terza condizione che individuerete con l’attenta osservazione delle vostre emozioni. Questo è l’argomento più importante e necessario per voi. Man mano che raggiungerete livelli più profondi di autocomprensione, potrò mostrarvi alcuni collegamenti in più tra le varie tendenze di cui, in passato, potevo parlare solo come tendenze non collegate.

  32. Innanzitutto riassumiamo il concetto di bisogno. Un bisogno può essere qualcosa di concreto e reale, oppure di immaginario e irreale. Ecco un esempio di un bisogno reale del regno fisico. Se è un po’ che non mangiate avrete sicuramente bisogno di cibo. Senza di esso non sopravviverete. Dunque si tratta di un bisogno reale. Ma potreste anche avere un falso bisogno di cibo. Se il vostro corpo ha già ricevuto tutto il cibo che necessita per restare sano, ma permane il desiderio di qualcosa di non essenziale, allora quello è un falso bisogno. Sebbene quel falso bisogno si manifesti a livello fisico, esso deriva da un disturbo oppure da una cattiva gestione emotiva e/o spirituale.

  33. Vi sono bisogni falsi e reali sia a livello emotivo che spirituale. Se si trascura un bisogno reale a causa della scarsa organizzazione interiore e gestione di tutta la personalità umana, da qualche parte emergerà un falso bisogno. I falsi bisogni hanno sempre una forma di compulsività e di bramosia. Una cattiva gestione renderà le persone impotenti e dipendenti dagli altri per la soddisfazione dei propri bisogni.

  34. La differenza tra bambini e adulti è che i primi dipendono dai secondi per ogni loro bisogno. Al contrario di una persona matura, essi non sanno provvedere ai loro bisogni. In una persona matura, un bisogno emotivo non soddisfatto non è per forza un bisogno fittizio: potrebbe anche essere reale, ma forse un blocco interiore avrà bloccato il soddisfacimento di quella sua esigenza. Ognuno dispone delle capacità necessarie per soddisfare tutti i propri bisogni, a ogni livello. Se la personalità non funziona in modo sano, alcune capacità verranno inibite o canalizzate in modo errato.

  35. Poiché gli esseri umani tendono a essere poco sviluppati nell’arena emotiva, è logico che i loro fallimenti siano principalmente emotivi. Ma il sottosviluppo emotivo si può manifestare anche su altri livelli, cosicché i bisogni fisici o spirituali possono derivare anche da disturbi emotivi.

  36. Se si trascura di soddisfare i propri bisogni reali, nascono dei bisogni illusori o fittizi che sono sintomi di un bisogno reale rimasto insoddisfatto.

  37. A caldo mi potreste dire che il bisogno di approvazione eccessivo non è, di per sé, realistico, ma non è per forza così. In qualche misura tutti gli esseri umani hanno bisogno di tanto in tanto di una pacca sulle spalle per sentirsi incentivati. Uno smodato e dunque fittizio bisogno di approvazione spesso nasce perché, senza accorgersene, si è perso il vero bisogno di approvazione, di incoraggiamento, o di successo. Ma anziché provare risentimento verso tutti per non aver ottenuto l’agognata approvazione, chi lavora sulla propria crescita emotiva cerca di scoprire perché abbia eluso la soddisfazione di un bisogno legittimo.

  38. Il primo passo, come sempre, è prendere atto delle proprie esigenze. Il cammino vi aiuterà a prenderne coscienza facendo emergere le vostre emozioni. Quando ciò accadrà, quando avvertirete il senso di vuoto causato da un bisogno insoddisfatto e lo individuerete, inizierete a capire perché vi siete negati ciò di cui avevate veramente bisogno. Dovrete capire che non basterà essere consapevoli dei bisogni, reali o fittizi, per poterli soddisfare subito. Dovrete prima imparare a convivere con la frustrazione del bisogno insoddisfatto. Vedrete che ce la potete fare senza peraltro perdere serenità o rispetto per voi stessi. Saprete affrontare la frustrazione con l’atteggiamento maturo che non considera l’insuccesso una catastrofe. Solo con quell’atteggiamento potrete scoprire come e perché avete generato l’insuccesso. Il processo è lento. Se vi ci avvicinerete con l’aspettativa, pur inespressa, di un repentino miglioramento nella vostra vita, vi sarà impossibile trovare tutto quel che dovete sapere su di voi.

  39. Procedendo in questa direzione diverrete consapevoli dei vostri bisogni. A quel punto saprete distinguere tra bisogni reali e fittizi, scoprendo che i bisogni reali si possono sostenere e che quelli fittizi sono esagerati e compulsivi. Per questo motivo spesso li reprimete; sono talmente forti che quando li negate vi fanno sentire come se steste per morire.

  40. Vediamo ora il nesso tra i due precedenti aspetti emotivi e i bisogni inappagati. Vi accorgerete di come tutti e tre condividano il comune denominatore dell’atteggiamento infantile. Impossibile tollerare la frustrazione di un bisogno insoddisfatto, se considerate la frustrazione come uno stato permanente. In tal caso sentireste di non poter giammai sperimentare alcunché di buono e positivo. I bambini avvertono qualsiasi situazione transitoria come definitiva. E le vostre emozioni infantili, anche se le comprendete a livello intellettivo, le percepite ancora in quel modo. Voi esagerate l’importanza del momento presente. Siete permeati di una carenza momentanea, e a livello emotivo non avvertite altro.

  41. Inoltre un bisogno inappagato denota la vostra imperfezione, la vulnerabilità di essere umani. Il vostro perfezionismo non lo consente. Più siete invischiati in questa deviazione emotiva, più reprimete i vostri bisogni reali e la consapevolezza della vostra insoddisfazione, nonché la ricerca costruttiva che ne scaturisce. In tal modo l’insoddisfazione aumenta, si rigenera e diventa più stringente.

  42. Faccio un esempio: nella misura in cui siete incapaci di donare amore e affetto in modo maturo, avrete un bisogno compulsivo di ricevere amore e affetto. O se avete uno spropositato bisogno di approvazione, esso sarà commisurato a quanto non approvate voi stessi. E dato che non riuscite a essere all’altezza dei rigorosi parametri che vi siete imposti, continuate ad auto-moralizzarvi.

  43. È molto importante che voi diveniate consapevoli dei vostri bisogni, ma non ci riuscirete con l’intelletto. Potrete riuscirci solo permettendovi di sentire. Man mano che imparerete a farlo rimarrete stupiti di scoprire i vostri bisogni, e potrete valutare cosa vi ha impedito di soddisfarli. Più acquisirete una visione reale di questo, meno impellenti saranno i falsi bisogni e più diventerete capaci di soddisfare i bisogni reali. Inutile dire che ciò ridurrà la vostra dipendenza dagli altri e, di conseguenza, aumenterà la vostra autostima.

  44. Troverete fiducia nella vostra forza e ingegnosità nel gestire le difficoltà. Ma prima dovete accettarvi per come siete. Entrando così in un circolo virtuoso, va da sé che le emozioni negative quali piangersi addosso, impotenza, ostilità, senso di colpa e risentimento via via si ridurranno fino a svanire.

  45. Cari amici, non vi resta che individuare e sperimentare emotivamente le tre questioni: moralismo, reazioni esagerate e bisogni. Dovreste sperimentare la profondità, l’ampiezza e le implicazioni di quelle emozioni. Allora, e solo allora, potrete spezzare il circolo vizioso ed entrare in un circolo virtuoso.

  46. DOMANDA: Qual è la differenza tra moralismo e rettitudine?

  47. RISPOSTA: Dipende da come si usano i termini. È una questione di interpretazione. Ad esempio nelle Scritture ‘rettitudine’ sta spesso per ‘fare la cosa giusta’ ed ‘essere buoni’. Ma in tempi più recenti quel termine ha assunto per molti un diverso significato di ‘perbenismo’, che è proprio l’aspetto di ‘moralismo’ di cui vi parlavo. In effetti l’uso è appropriato, poiché spesso la rettitudine è in realtà un moralizzare che deriva da quell’atteggiamento sbagliato che abbiamo appena approfondito. È un modo diverso di dire che una moralità falsa, forzata e non sincera, produce un moralismo a cui molte persone si ribellano. Una moralità genuina derivante da una crescita reale non avrà mai questo effetto sugli altri.

  48. DOMANDA: E le persone che si lasciano guidare dalle proprie emozioni senza riconoscere le leggi etiche?

  49. RISPOSTA: Mi aspettavo questa domanda. In primo luogo distinguiamo tra moralità e moralismo, che non sono la stessa cosa. In secondo luogo, non ho mai suggerito alle persone di mettere in atto i loro impulsi distruttivi. Una cosa è essere distruttivi in modo incauto e brutale, altro è voler essere dei santi, dei superuomini, e non accettare il proprio lato non evoluto. Accettarlo non vuol dire approvarlo o metterlo in pratica. Accettarlo vuol dire semplicemente che voi sapete che vi sono ancora in voi quegli aspetti negativi e che non siete al di sopra di essi, ma non per questo ne siete irritati, né essi vi impediscono di piacervi. Il disprezzo di sé è collegato alle aspettative troppo elevate e, dunque, al moralismo.

  50. Potrei aggiungere che le persone che danno sfogo alla propria immoralità senza ritegno - forse perché non distinguono tra la reale moralità e l’essere moralisti - sono spesso quelle più toccate dal senso di colpa. Potrebbero non darlo a vedere o coprire il senso di colpa con atti di immoralità ancora più spinti. Ma se ne parlo adesso ci allontaniamo dal tracciato. Forse a questo punto posso riassumere dicendo che l’immoralità effettiva ancora presente - e che non volete affrontare - vi rende moralisti verso di voi e verso gli altri.

  51. È molto difficile per voi giudicare lo stato mentale e le emozioni altrui. Non potete leggere la mente delle persone, ma più è sviluppato il vostro intuito - grazie alla liberazione dai vostri impedimenti - più la percepirete. L’intuito non può nascere dalla conoscenza, poiché non disporrete mai di sufficienti informazioni al riguardo. Tuttavia, grazie all’intuito, avrete una certa tolleranza e non vi sentirete più in ansia per i difetti vostri e degli altri.

  52. Man mano che svilupperete questo senso morale in voi stessi, percepirete in modo intuitivo a che punto stanno gli altri. Alla fine arriverete al punto in cui sperimenterete una reale moralità, viva e flessibile, e sarete in grado di rinunciare alla pratica di un falso e rigido moralismo. Chi ha pensato che io volessi convogliare il messaggio di disfarsi dei codici morali non ne ha ancora afferrato il significato. Se siete sani e maturi, quei codici diventano i vostri, ma se li seguite col paraocchi li private del loro spirito e li trasformate in qualcosa di spento e di falso. Mi segui?

  53. DOMANDA: Non proprio. Mi sembra che nella prima parte della lezione avessi usato la parola "moralismo". Ora usi "moralità". Mi sembra anche che ciò che adesso definisci "moralismo" abbia un senso diverso dal "moralismo" o "perbenismo" a cui ti riferivi prima. Come posso sapere se qualcosa è giusto o sbagliato se non lo confronto con qualcosa, come ad esempio il Sermone della Montagna o la regola aurea? È una regola eccessivamente rigida?

  54. RISPOSTA: In primo luogo, in risposta alla domanda, ho distinto tra moralità viva e moralismo spento. Inoltre ho chiaramente affermato che ogni verità trasmessa all’umanità dai grandi della storia è ancora valida. Che restino genuine o meno, o che vengano contraffatte, dipende dallo stato dell’essere interiore del genere umano, dalle vostre emozioni e dalla mente. Limitarsi a vivere secondo quelle grandi verità non è indice né di falso moralismo, né di vera moralità fondata sulla crescita interiore, la quale è, invece, fondata sul sé reale. L’indicazione viene dalle motivazioni di fondo e dalle forze emotive in campo. Troverai parole a sostegno di questa lezione in molti detti di Gesù e nelle parole di altri grandi maestri. Quei maestri usavano la terminologia del loro tempo, ma il significato di fondo rimane lo stesso.

  55. Quanto detto finora ha già risposto a gran parte della tua domanda; studia la lezione nella calma e vedrai le risposte. Non voglio ripetermi adesso, ma ti dico questo: più ti servono le regole, più è forte il segnale che non ti fidi di te. Tutta la verità da sempre proclamata e insegnata vive in te. Se non hai il coraggio di entrare nel profondo nel tuo vero essere, non arriverai mai a quella tua parte in cui la scoprirai da te e la potrai trasformare in una realtà vivente. Così continuerai a dipendere dall’osservazione delle regole esteriori, che per quanto vere e meravigliose non saranno vive e vere in te. Nell’insicurezza dell’umanità, nella paura e nella negazione dell’umana imperfezione, le persone mutuano ciò che una volta era vivo e che potrebbe tornare a esserlo. Devono solo avere il coraggio di diventare se stesse, di lasciar andare la rigida struttura di ciò che potrebbe e dovrebbe essere vivo nel sé. Segui ciò che intendo dire?

  56. DOMANDA: Beh, sì e no. Ad esempio, se rubo delle mele, come posso sapere che sto rubando se non ho modo di confrontare il mio atto con un altro atto del non rubare?

  57. RISPOSTA: Caro figliolo, anche se tu non avessi mai sentito nella tua vita che rubare è sbagliato, sapresti comunque, da persona adulta, che stai prendendo qualcosa che appartiene a un’altra persona e che questo è ingiusto per lei. Lo capirebbe anche chi non si trova su un percorso di crescita, se gli si chiedesse che impatto avrebbero le sue azioni sugli altri. Tenere conto di se stessi in relazione agli altri non può che portare alla conoscenza di ciò che è giusto e sbagliato. Questo è esattamente ciò che sto cercando di dire: essere consapevoli, tenere in conto le cose e pensare di continuo a causa ed effetto, produrranno sempre il giusto e il vero.

  58. DOMANDA: Ma riguardo al moralismo, l’hai associato all’essere rigidi.

  59. RISPOSTA: Qui c’è un profondo malinteso. Sembra tu creda che io sottintendessi che ogni atto morale sia moralizzante e rigido. Vi ho solo invitato a scoprire dove sono in voi quelle tendenze. Ora credi che dovresti astenerti dall’agire in modo corretto. Non è così. Ma ciò che dovresti fare è scoprire dove alberghi le aspettative di qualcosa che oltrepassa le capacità umane, i parametri non realistici per il tuo essere emotivo, e scoprire anche la tua non accettazione di te in toto, dal momento che disapprovi quelle tendenze. Questo intendo per essere moralisti. E poi il moralismo si applica di rado alle questioni spicciole, ma piuttosto alle sottigliezze dei rapporti umani in cui le cose non possono essere valutate solo in termini di buono o cattivo. Si è moralisti anche quando, almeno a livello emotivo, si vive ogni cosa come buona o cattiva, giusta o sbagliata.

  60. Poiché biasimi gli istinti sociali o immorali che ancora covi, ne neghi la presenza in te. E questa negazione porta al moralismo. La tua confusione nasce dalla sensazione che la consapevolezza dei tuoi istinti immorali ti porterà ad attuarli. La confusione deriva anche dal pensare che biasimare i tuoi impulsi immorali significhi non approvare te stesso globalmente. Ora, certo, potresti non essere consapevole di credere in queste cose, eppure è così per ognuno di voi. Il tuo stringente bisogno di essere scevro da ogni imperfezione, da ogni istinto immorale, te lo fa nascondere. Senti che non dovresti essere così, e ogni volta che le imperfezioni penetrano la tua coscienza non ti perdoni. Ti odi e ti punisci. Tutto ciò potrebbe essere inconscio, in larga misura, ma non vuol dire che non sia la realtà dei fatti.

  61. Dovresti individuare quella tendenza, il che non significa scardinare i parametri morali secondo i quali hai vissuto finora. Ma vivrai secondo quei parametri morali spinto da nuove motivazioni, desideri e ragioni. E questo avrà un effetto completamente diverso su di te e sugli altri.

  62. Il tuo approccio all’argomento ha portato l’intera questione in un ambito diverso: quello del fare. Ma io non stavo parlando dell’agire. Quando si tratta del sentire, del tuo atteggiamento emotivo verso te stesso, il prerequisito del rispetto di sé si può fondare solo sulla verità. La verità è che non sei ancora perfetto come vorresti essere. Se non puoi accettare te stesso come sei, non riuscirai a venirne fuori.

  63. Potrei riassumere il processo interiore in questo modo: “Se ho questi istinti distruttivi, io sono orribile e non mi posso piacere o rispettare. Poiché è troppo doloroso da tollerare, distolgo lo sguardo dai miei impulsi distruttivi nella speranza che essi svaniscano". Adesso capisci un po’ meglio?

  64. DOMANDA: Sì, ma ancora non vedo dove entra in gioco il moralismo.

  65. RISPOSTA: Moralismo è quando si giudica l’intero solo da una sua parte. Quando il tutto diventa "nero" a causa di tendenze in parte "nere", oppure "bianco", c’è del moralismo. Quando si vivono i problemi in termini di buono o cattivo, c’è moralismo. C’è ancora così tanto spazio, così tanto altro che non ha nulla a che vedere con il bianco o con il nero.

  66. Tenetevi le altre domande per la prossima volta. Vi ho dato molto materiale. Se da questo materiale emergeranno abbastanza domande per la discussione, la prossima volta, se vorrete, inserirò volentieri una sessione di domande e risposte.

  67. Siate benedetti, ciascuno di voi, nel corpo, nell’anima e nello spirito. Possa la rinnovata forza ricevuta proprio grazie all’impegno consentirvi di conoscere, accettare e apprezzare voi stessi.

  68. Siate in pace. Siate in Dio!

Testo originale: Pathwork Guide Lecture No. 90 - Moralizing - Disproportionate Reactions - Needs
Il copyright del materiale della Guida del Pathwork® è di esclusiva proprietà della Fondazione Pathwork®
Torna ai contenuti